Un cambiamento di baricentro. Un nuovo punto di equilibrio. Così, con queste poche parole, si può riassumere la differenza sostanziale nel modo di intendere il marketing negli ultimi anni. A cambiare tale equilibrio lo spostamento dell’obiettivo, dal prodotto al cliente, con quest’ultimo che è diventato il centro – empatico, sensibile, umano – di una strategia creata apposta per lui.
“Il Marketing 4.0 è un approccio che combina interazione online e offline, tra aziende e clienti. Il Marketing 4.0 integra lo stile, con la sostanza. È indispensabile che i brand siano più flessibili e adattivi a causa della rapidità dei trend tecnologici, i loro autentico carattere è più importante che mai.” (Philip Kotler, “Marketing 4.0: Dal tradizionale al digitale”)
Nel Marketing 4.0, secondo un trend ormai consolidato, l’attenzione, più che sul prodotto, è focalizzata sul consumatore, sulla relazione tra quest’ultimo e il brand e – fattore essenziale – sull’insieme delle relazioni e delle interazioni tra i consumatori. Che sono sempre più connessi. Sempre più a lungo. Soprattutto grazie ai dispositivi portatili. È sui social, nelle community, che si forma l’opinione. Che si orientano le scelte.
Ed è grazie alle nuove tecnologie che si abilitano nuovi comportamenti, che si generano nuove possibilità. È dall’unione di questo nuovo marketing, coi modelli, i processi e le evoluzioni della Industry 4.0, che nasce lo Sport 4.0.
È su questo campo che si gioca la partita.
Dalle categorie agli individui
Tradizionalmente, il marketing ha sempre funzionato seguendo un sistema di segmentazione: il mercato che viene diviso in gruppi omogenei basati sui loro profili geografici, demografici, psicografici e comportamentali. Questa segmentazione è, in genere, seguita dal targeting, con cui vengono selezionati uno o più segmenti che un’azienda adotta come suoi obiettivi, sulla base della loro possibile attrazione verso il brand, verso i prodotti, verso i servizi offerti. Un’attrazione da generare sfruttando tutte le leve a propria disposizione.
Il brand che cerca il consumatore su misura, insomma. Il fine ultimo. L’obiettivo di qualsiasi marketing manager. La segmentazione e il targeting sono, infatti, aspetti fondamentali della strategia, per ottimizzare le risorse, il budget, il tempo.
Tuttavia, concetti come quello della segmentazione e del targeting, esemplificano anche un tipo di relazione, ormai obsoleta, tra brand e clienti stessi. Una relazione di tipo verticale e del tutto unilaterale: da un lato l’azienda, dall’altro il consumatore finale del prodotto o, se preferiamo, da una parte i cacciatori e dall’altra le prede. In un modello del genere, tutte le decisioni di marketing sono univoche, prese senza il parere dei clienti: il coinvolgimento di questi ultimi è limitato ai loro input nelle ricerche di mercato e, paradossalmente, come giudici finali di quanto viene elaborato. Nel caso di un’azienda sportiva, ad esempio, lo schema che si profilava prevedeva un percorso a senso unico che terminava con il tifoso – il target ultimo – a cui si apriva un ristretto ventaglio di opzioni: l’acquisto del biglietto, il merchandising dallo store ufficiale, la fruizione di un numero relativamente esiguo di contenuti informativi.
In genere, i più appassionati, trovavano nella TV o nella carta stampata, prima, e nelle community e nei blog non ufficiali, poi, i contenuti sullo sport preferito o sulla squadra del cuore.
L’innovazione digitale nello Sport Marketing
Nella digital economy di ultima generazione gli assetti cambiano, spostando l’attenzione dalla ricerca di categorie di consumatori verso l’individuazione delle caratteristiche dei singoli. E, quindi, sul piano orizzontale formato dalle connessioni che, come segmenti, ognuno di loro tiene, virtualmente collegato, attraverso il web e i social in special modo: è su queste connessioni – e non più sul prodotto o sulla sola relazione brand/cliente – che l’attenzione si sposta.
Uno dei primi nodi di interesse sono i luoghi virtuali dove i clienti sono collegati tra loro e, cioè, le community e i social media.
È qui che il potere latente dei consumatori viene fuori: non è difficile notare quanto importante possa essere un’opinione positiva o negativa – largamente diffusa e condivisa – anche rispetto ad una strategia pubblicitaria ben pianificata. Per i brand, le community rappresentano dei punti nevralgici di notevole importanza strategica, ma di non facile conquista, visto che rappresentano una sorta di fortezza a prova della maggior parte delle iniziative di marketing del modello tradizionale: sono formate da clienti, fan, che si raggruppano in modo relativamente spontaneo e che scelgono di restare all’interno dei confini che essi stessi contribuiscono a definire. Queste community sono, ormai, immuni da spamming e pubblicità invasiva, rifiuteranno il tentativo di imporre un qualsivoglia prodotto. Le community vanno, quindi, conquistate, i fan vanno intrattenuti.
L’obiettivo è la loro attenzione. Il loro tempo. Per arrivare ai loro interessi. Ai loro dati. E regalare loro la pubblicità che stanno, inconsapevolmente, aspettando. Senza che nemmeno se ne accorgano. Come? Contenuti. Da diffondere grazie alla tecnologia, che sta cambiando le regole del gioco, attraverso:
Connected venues: la fruizione di eventi dal vivo, che consente l’accesso in tempo reale all’offerta di servizi della società sportiva (merchandising, ticketing, etc.), l’interazione col territorio (trasporti, turismo) e quella con gli altri utenti (user generated content, real time). Nuovi dati da acquisire, nuovi spazi da vendere.
Tecnologia, dati, comportamenti: il modello della Industry 4.0 e lo SportTech
Sono passati secoli dalla prima e dalla seconda rivoluzione industriale – successivamente teorizzate come Industry 1.0 e 2.0 – e le cose si sono spinte molto più in là delle macchine a vapore e delle catene di montaggio: rispetto al modello precedente – che idealmente definiamo Industry 3.0 – in cui i computer e i robot si limitavano ad essere parte integrante del sistema chiuso della fabbrica, la visione della Industry 4.0, in atto e nel suo pieno sviluppo, si basa su una iper connettività tra gli elementi che va oltre la fabbrica stessa. Produrre, quindi, significa interagire non solo con l’ambiente, di fabbrica, appunto, ma lungo la catena di valori a cui appartengono clienti, fornitori e logistica.
La Industry 4.0 è stata definita la quarta rivoluzione industriale, ed è sotto i nostri occhi. IoT (Internet of Things), convergenza di IT e OT, sistemi cyber-fisici, robot e cobots avanzati, produzione additiva, produzione autonoma, raccolta completa dei dati e provisioning, integrazione orizzontale e verticale, cloud, big data analytics, realtà virtuale, realtà aumentata ed edge computing: questi sono alcuni dei componenti tecnologici essenziali. I dispositivi IoT sono miniere di dati sul comportamento, sui gusti e sulle abitudini dei clienti, ma anche sul funzionamento dei dispositivi e sulla loro durata. Tecnologia e dati, dunque, al servizio di una performance migliore. Questo, quando si parla di marketing, si traduce in un netto miglioramento della customer experience:
L’idea dell’iper-connettività propria dell’Industry 4.0 riporta, in un contesto più vasto, a quella di una flessibilità, di una capacità di adattamento che solo le moderne tecnologie consentono: ecco perchè l’IoT entra nel mondo dello sport – lo Sport 4.0 – e significa, in tale contesto, nuovi modelli di business – legati alla sensoristica, alla motion capture, all’intelligenza artificiale – sperimentati e da sperimentare sul campo. Pensiamo, ad esempio, alla virtual reality e alle nuove possibilità che si aprono per le metodologie di coaching. O, magari, all’uso di dati come accade, ad esempio, in Formula 1 dove la telemetria permette di monitorare lo stato del motore delle auto in pista, delle gomme e di altre singole componenti in modo da poter prevedere quanto dureranno o decidere che assetto usare per ottimizzarne le prestazioni.
Sport 4.0: al centro di tutto il Fan 4.0
L’evoluzione delle tecnologie dell’informazione ha cambiato il mondo negli ultimi decenni e ha cambiato anche il marketing. Internet è l’evidenza più importante di questa evoluzione e la sua integrazione proprio col marketing – nella forma del Marketing 4.0 – è il suo esito naturale: l’unico tramite attraverso il quale raggiungere i clienti. Definire questa nuova generazione, abilitarne i comportamenti, è necessario perché profondamente cambiati nel corso degli anni: più consapevoli, più esigenti.
Protagonisti ed egocentrici, li si potrebbe definire.
Quando parlo di Sport 4.0 mi piace segnare questo legame profondo proprio col marketing di questa nuova generazione, quando penso all’importanza della Fan Experience – ad esempio, in termini di Fan Engagement e Membership Loyalty – come pillar dell’evoluzione del concetto stesso di Sport Business. Forse, come tipo di consumer, è proprio il fan ad essere quello più profondamente coinvolto nel processo di cambiamento in corso.
È il Fan 4.0:
Non è solo alla ricerca di prodotti per soddisfare le sue esigenze: il fan della nuova era è alla ricerca di un quid immateriale che rappresenti un valore aggiunto, vuole un’esperienza e vuole che sia coinvolgente:
Full Experience e Fan Engagement
Il fan, dunque, non è soltanto una persona che ha bisogno di prodotto: ha propri desideri da soddisfare, ansie da fugare, creatività da esprimere, curiosità da appagare. Chiedere, consigliare, valutare, assistere e organizzare soluzioni, capire quali sono gli ostacoli che ha incontrato sul suo cammino e quali sono, invece, le cose che ha trovato gradevoli, in poche parole, ruotare intorno a lui: è questo il compito dell’azienda per attuare il passaggio da fan – con un legame limitato ai social media – a member – e cioè user, che scelgano di pagare un servizio premium per accedere a contenuti speciali.
Il fan si aspetta di vivere un’esperienza coinvolgente e immersiva, soprattutto allo stadio, come garantirgli questa full experience?
Nella Sport 4.0 la Smart Arena rappresenta un altro pillar e si colloca come risposta ideale a questa esigenza, quando si tratta di eventi live. In Europa, e nel mondo, un numero crescente di spettatori va allo stadio aspettandosi di assistere a qualcosa in più che ad una “semplice” partita: Virtual Reality e Augmented Reality – grazie alla connessione e ai dispositivi mobile – permettono, usando una semplice app, di assistere all’evento da diverse angolazioni, oppure consentono agli spettatori di ricevere tutte le informazioni, le statistiche aggiornate in tempo reale o di accedere ad alcuni servizi che lo stadio offre, garantendo un’esperienza che va oltre quella del reale.
Il fan ha bisogno di sentirsi parte del brand, al centro dei suoi interessi, come può farlo?
È il brand che deve avvicinarsi ai fan e può farlo solo conoscendoli a fondo, seguendone i percorsi, i cambiamenti e anticipandone i desideri. La chiave per fare tutto questo sta, soprattutto, nei dati utili per pianificare le strategie di marketing. In data veritas.
Il cliente ha bisogno di prodotti studiati per lui, ma che siano anche identificativi: come accontentarlo?
Anche in questo caso i big data – le informazioni – sono il trait d’union tra la necessità di offrire al consumatore qualcosa che si leghi a un trend da lui condiviso con altre persone, e, al contempo, che abbia un valore personalizzabile e unico.
I fan hanno bisogno di rispecchiarsi in un immaginario, di condividere una storia e dei valori, ma anche di essere vicini alle squadre e agli atleti in tempo reale, come ridurre le distanze e soddisfare la loro sete di informazione?
Disintermediando e diversificando i contenuti. Il brand ha il compito di tenere informata la fanbase – non solo sulle date degli eventi – e non può lasciare che siano principalmente terze fonti, non ufficiali, a informare. La soluzione, quindi, è che il brand stesso diventi un media, che produca contenuti di qualità, proponendoli direttamente ai fan.
Estrapolando altri dati da monetizzare. In modo diretto, interno, ma anche indiretto, mettendoli a disposizione di aziende sponsor, sempre più alla ricerca di quelle informazioni.
Una strategia integrata sulla persona
Lo sport è terra di emozioni e il marketing sportivo, quindi, è sempre più il marketing di quelle emozioni: empatia, capacità di comprendere paure, ansie, l’idea del cliente come forza potenziale che agisce, reagisce e interagisce. Una persona con un’identità ben precisa che va conosciuta, stimolata, conquistata, sedotta.
“Ho sempre creduto che il Marketing possa contribuire a rendere il mondo un posto migliore. Si può affermare che finora il Marketing ha garantito livelli di vita molto più elevati a gran parte del mondo. Oggi il Marketing comincia ad affrontare la questione di rendere la vita migliore per le persone.”
Lo stesso Kotler, chiudendo il cerchio, trasmette l’idea di quanto la strategia, la vera evoluzione, sia sfruttare la tecnologia per arrivare alla persona.
Perché il marketing 4.0, lo sport 4.0, hanno al centro il cliente 4.0, il fan 4.0. Ma, per farlo, hanno bisogno dei modelli della industry 4.0, per abilitare nuovi comportamenti, per avere il suo tempo. E, di conseguenza, i suoi dati.
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