Atleti e Social Media: il valore degli Sport Influencer e i nuovi asset strategici dei Club

Cristiano Ronaldo, lo Sport Influencer più seguito in Europa

Il Paris Saint Germain ha più follower in Brasile che in Francia. Detta così, decontestualizzata, potrebbe sembrare un’affermazione fine a se stessa. Ma non lo è. Anzi, riassume perfettamente il cambiamento. L’evoluzione. La rivoluzione. Quasi lo spostamento in un’altra nazione. Il trasferimento di Neymar a Parigi ha fatto scalpore, eppure basterebbe quel dato a giustificare l’investimento che il club ha fatto sul calciatore, nell’anno mondiale, ed in vista di quello in Qatar del 2022. Una strategia mirata, quindi, dietro la quale c’è un vero e proprio business plan planetario, che ha avuto un grande impulso con l’acquisto dell’asso verdeoro.

Queste le parole di Frédéric Longuépée, vice amministratore delegato del PSG, sul piano di lavoro: “Saremo sempre più presenti anche negli Usa per sviluppare il brand a livello internazionale, accanto al progetto sportivo, per garantire che il PSG cresca nel mondo e amplii la sua fanbase. Inoltre, questa è l’occasione per permettere ai marchi che ci seguono di avere a disposizione i calciatori”.

Fanbase. Calciatori. I nuovi asset strategici delle aziende sportive. Ma perché?

Nel corso dell’ultimo decennio i social media si sono evoluti in modo straordinario, aumentando sia la loro presenza nella nostra vita, in termini di utilizzo, che l’impatto diretto sulla nostra cultura e sull’economia. La Sport Industry, in particolare, è un esempio concreto delle conseguenze in termini di business.

“Alcune persone credono che il calcio sia una questione di vita o di morte. Vi assicuro che è una faccenda molto più seria di così.” (Bill Shankly, calciatore e allenatore)

Un aspetto di fondamentale importanza, per i nuovi strumenti, è la capacità di favorire la forma di pubblicità più antica che c’è: il passaparola. Like, reazioni, condivisioni: se piace a te, piacerà anche ad altri. Così ragionano gli algoritmi. E da lì, in un processo a volte esponenziale, il messaggio, il contenuto, diventa virale. Lo so, senza investimenti in adv le cose stanno cambiando, starete pensando.

Ma soprattutto, per quali obiettivi? Aggiungo io.

Ed è da questa domanda che nasce la mia convinzione che, nello scenario che si va delineando, si evolva il ruolo degli attori. È qui che scende in campo l’influencer. Non chi lo fa per mestiere, intendiamoci, ma quello vero. Quello che ha la capacità di veicolare un messaggio, avendo il fascino, l’onestà e la credibilità necessari per rappresentarne i valori e garantirne la veridicità.

Il tramite migliore tra azienda e cliente 4.0. Word of Mouth, ma molto di più.

È in questo segmento, infatti, che diventa imprescindibile considerare, nel rapporto tra le nuove media company sportive e il fan 4.0, la trasformazione della figura dell’atleta, evolutosi in player 4.0, e il suo ruolo – anche economico – all’interno della società multimediale. Sono passati molti anni dai tempi in cui un calciatore, ad esempio, guadagnava poco più di un semplice impiegato, e certo ben prima dei social la figura dell’atleta come star ha fatto il suo ingresso nell’immaginario collettivo, con ingaggi da capogiro. Tuttavia, mai come ora, i giocatori hanno avuto un peso economico così determinante, perché, in molti casi, veri e propri brand, media, casse di risonanza, in un continuo scambio di valore, grazie agli evoluti processi di disintermediazione.

Gli Sport Influencer, per definizione. Nuovi touchpoint digitali, per visione.

Capaci di attrarre su di sé le persone, i loro dati e qualsiasi altra informazione. Non sarà più solo branding, awareness, la foto col campione. Sarà una strategia strutturata e la sua definizione.

È questa la vera evoluzione.

Perché quegli attori sotto contratto, ripresi costantemente in scena, e ormai anche dietro le quinte e nel loro intimo, saranno per i club e per tutti i brand che investono nello sport, un racconto continuo ma, soprattutto, un gate su numeri e profilazione.

Grazie a quegli spettatori che sono sempre lì, davanti allo schermo. Fisicamente. Digitalmente. Virtualmente. Per amore, per religione. Quindi non più like, reazioni e condivisioni. Ma coinvolgimento progressivo e personalizzazione.  Dati e piani di lavoro che puntino alle persone.

Tutto sarà organizzato per il ROI, in loro funzione.

Come una Nazione, sempre in Azione

“Non vedo nessuno migliore di me. Nessun calciatore realizza cose che non sono in grado di fare da solo. Non c’è giocatore più completo di me. Le persone hanno il diritto di preferire Neymar o Messi. Ma insisto: non c’è nessuno più completo di me. Sono il miglior giocatore della storia, sia nel bene che nel male”. Così Cristiano Ronaldo sulle pagine di ‘France Football’, il giorno dopo la conquista del suo 5° Pallone d’oro.

Chissà se, quando parla di completezza, pensa anche ai suoi numeri social. Chi gli sta intorno, sicuramente sì. Alcuni anni fa, i dirigenti di Facebook esortarono il management di Ronaldo ad aprire una pagina Facebook per lui. “Ha il potenziale per arrivare a 10 milioni di follower”, dissero. “Non è possibile, questa è la popolazione del Portogallo, la risposta.

Ma la pagina fu creata lo stesso: così Cristiano, nel 2009, ha debuttato in sordina. Nel giro di pochi mesi il traguardo dei 10 milioni è stato superato e, attualmente, i suoi fan sulla piattaforma di Zuckerberg sono circa 122 milioni: il Real Madrid non ci arriva, è più o meno la popolazione del Messico. Ma, a differenza di quest’ultima, con un tratto riscontrabile in ognuno di loro: l’ammirazione per l’asso blanco.

Vi pare poco? Riuscite ad immaginare cosa significhi, questo, a livello commerciale? 122 milioni di persone con un interesse, evidente, in comune. A portata di mano. Anzi, di smartphone.

Non è solo un goleador famoso in tutto il mondo, indispensabile per le squadre in cui gioca, ma anche uno degli atleti più preziosi del globo per le aziende che rappresenta. Un valore che dipende dal successo in campo, dalle Champions League vinte col Real Madrid, dall’Europeo conquistato col Portogallo. Ma, anche, da una gestione vincente dei suoi media che, attraverso una strategia di contenuti organizzata sulla sua immagine, gli ha permesso di essere, oggi, riconoscibile e venerabile come CR7.

Altri esempi?

Il cestista dei Cleveland Cavaliers, Lebron James, star della NBA, può contare un seguito di decine di milioni di fan – tanto da poter rivaleggiare con i colleghi calciatori – e un suo tweet vale centinaia di migliaia di dollari. Roger Federer, Rafael Nadal, i golfisti Phil Mickelson e Tiger Woods, Usain Bolt, i piloti Lewis Hamilton e Felipe Massa, il wrestler John Cena: tutti questi atleti possono contare sull’equivalente di una piccola nazione o un esercito – armato di smartphone e tablet – dalla loro parte.

Marche, Squadre e Sport Influencer

Tutto è opinabile, ed anche i dati vanno interpretati. Ma l’idea di un rapporto sempre più direttamente proporzionale, tra la popolarità delle squadre e quella degli atleti che ne fanno parte, è chiaramente illustrata nell’ultimo update del report European Football Club – che ha recentemente pubblicato IQUII Sport – contenente dati esclusivi sui top player europei, oltre che sui team:

al primo posto, tra i club più seguiti sui social – con 187,4 milioni di fan – si colloca il Real Madrid forte della presenza di un asset inarrivabile come lo stesso Ronaldo, che, tra Facebook, Twitter ed Instagram, mette insieme addirittura 302,7 milioni di follower;

in seconda posizione il Barcellona – con 182,3 milioni di supporter – che, rispetto allo scorso anno, perde la testa della classifica – anche se per poco – nonostante vanti Lionel Messi, Andrés Iniesta e Luis Suarez nei primi 10 della classifica social dei più seguiti. Il motivo? Probabilmente proprio la partenza di un idolo dei tifosi, come Neymar, secondo nella classifica dei top player social, passato al Paris Saint Germain. Che, invece, ha registrato una crescita dell’1,78% rispetto ad una fanbase che attualmente è di 48,5 milioni di seguaci;

sul terzo gradino del podio il Manchester United, con 109,4 milioni di fan e, guarda caso, due acquisti recenti e molto social, come Zlatan Ibrahimovic e Paul Pogba, rispettivamente ottavo e diciottesimo nella classifica dei calciatori più seguiti, e che mettono insieme, in due, quasi 100 milioni di follower;

curioso ottavo posto del Liverpool. Non sorprendono i 44,4 milioni di fan della squadra, che ha sempre goduto di una fanbase molto leale, ma il fatto che parte di essi possano essere ricondotti ad un altro asset davvero particolare: l’allenatore Jurgen Klopp. Oggetto di meme e video virali, l’ex calciatore tedesco dal temperamento fuori dalle righe riscuote il consenso di molti appassionati.

Il modo in cui un calciatore gestisce la sua immagine social, la sua capacità di coinvolgere i fan, di resistere alla pressione, di offrire al pubblico un’immagine il più possibile equilibrata, ma in alcuni casi anche simpatica e sgangherata – entro certi limiti – è diventato così importante che molte squadre, prima di ingaggiare un giocatore, valutano proprio la sua portata. Tracciandone anche un profilo psicologico e con una nuova dinamica che – in molti modi – è un’illuminazione.

Individuando potenziali target di comunicazione.

Il linguaggio usato, eventuali scandali – post a sfondo razzista o compromettenti – , il gradimento del pubblico, il grado di engagement generato, il tipo di follower – se eccessivamente legato alla squadra di appartenenza e, quindi, poco monetizzabile – : tutto viene passato al vaglio degli esperti e – nel bene e nel male – fa sentire il suo peso quando si tratta di scegliere.

L’importanza degli atleti come sport influencer è ben riassunta anche dal caso di Nike Football. Nike ha una pagina Facebook dedicata al calcio, perfettamente curata nella grafica e con un buon seguito – oltre 45 milioni di fan – ma in cui non frequentemente vengono pubblicati dei post. Invece di concentrarsi su quella pagina, infatti, Nike ha cercato un ruolo più attivo sui canali personali dei propri calciatori. Un breve video, pubblicato sull’account Instagram di Cristiano Ronaldo, viene visto milioni di volte. Lo stesso succede per quelli pubblicati sugli account di altri calciatori Nike, come ad esempio Anthony Martial, Joe Hart e Kevin De Bruyne, solo per citarne alcuni. Charlie BrooksVicepresidente delle Comunicazioni Nike Direct, Retail and Digital – ha spiegato:

“Prima di produrre qualsiasi cosa, identifichiamo i giocatori che si adattano bene alla campagna, dal punto di vista del gioco, della personalità e della prospettiva dei social media. Queste intuizioni partono dai nostri team locali che lavorano regolarmente con gli atleti sul campo. Presentiamo quindi le nostre idee direttamente al giocatore. Quindi, possiamo creare contenuti su misura per ogni atleta e discutere quando, dove e come, noi – o loro – potremmo pubblicare questi contenuti delle nostre campagne. Abbiamo anche relazioni con giocatori di altri brand: questo approccio ci consente di sfruttare tali partnership creando al tempo stesso valore reciproco per le nostre comunità di marchi e le comunità dei nostri atleti”.

Nel 2016 l’attaccante del Real Madrid ha siglato un contratto da record – 1 miliardo di dollari – che lo lega a vita con l’azienda americana: lo stesso anno la strategia social di Ronaldo ha fruttato a Nike 500 milioni, grazie alla portata senza precedenti del calciatore.

Club e Atleti: tutti Brand, tutti Media

Nel mondo pre-social media, in termini relativi, anche uno sport popolare come il calcio aveva spesso faticato a monetizzare i suoi fan. Club come il Manchester United o il Real Madrid potevano già vantare milioni di supporter o simpatizzanti in tutto il mondo: numeri da record anche all’epoca, ma una grande percentuale era subordinata alla TV, si trovava all’estero, e non aveva mai visto una partita dal vivo.

Un pubblico che non poteva visitare la sede della società. Non avrebbe mai potuto entrare negli spogliatoi, vedere una partita allo Stadio.

Restavano semplici, seppur grandi, numeri, e significavano ben poco, vista l’impossibilità di raggiungere le persone che c’erano dietro un seguito, per così dire, platonico. I social media hanno letteralmente ribaltato questa situazione, abilitando la disintermediazione. I club sono su Facebook, Twitter, Instagram e sulle altre piattaforme, guadagnando di minuto in minuto nuovi follower che, non c’è da meravigliarsi, diventano quindi la base della nuova strategia.

Invitarli allo spettacolo. Ripeterlo, spacchettandolo, e diffondendolo su piattaforme, in formati e da angolazioni sempre differenti. Passare con loro più tempo possibile. Comprenderne le preferenze. Capitalizzarle.

Ecco perché, come ho spesso scritto, il fan 4.0 è il centro di tutto, e la Sport Industry si evolve per renderlo non solo spettatore ma vero protagonista e arrivare al global engagement. Ecco perché i grandi club europei, dopo anni di proclami, stanno finalmente conquistando fan in Cina, India, Stati Uniti e Indonesia. Messe insieme, il 45% dell’umanità.

Ed ecco, quindi, perché i club organizzano i propri canali, le TV 4.0, in uno scenario che li vede in contatto diretto e costante con spettatori sempre più partecipi. Per attrarre, sedurre, affascinare i quali, i player diventano non solo importanti ma fondamentali, se capaci di attrarre, sedurre, affascinare a propria volta, in un contesto che li vede, per questo, obbligati a tramutarsi in emittenti di sé stessi.

Catturano l’attenzione – e quindi il tempo – dei lettori abituali di blog, magazine e altri canali online, catalizzandola. Non hanno più bisogno dei giornalisti per raggiungere la propria audience. Se devono comunicare con i follower possono farlo in maniera diretta.

Come?

Hanno un loro team, controllano i propri canali ufficiali, gestiscono la loro immagine. Aumentano quotidianamente la portata e guadagnano soldi direttamente dagli sponsor. Molti di questi, oggi più che mai, promuovono i loro prodotti scegliendo questi account sempre più verticali, rispetto ai testimonial ed ai generici e analogici spazi pubblicitari di qualche anno fa.

Player 4.0, Fan Engagement e Athlete Management

L’atleta digital, quindi, mutua i modelli dello Sport 4.0. È uno sportivo iperconnesso, un perfezionista che gioca anche fuori dal campo, diventando Player 4.0 per se stesso e per i colori che indossa:

produce contenuti, dagli spogliatoi, sugli allenamenti, nella vita privata, in uno storytelling senza fine;

interagisce, direttamente, coi propri fan, in un dialogo costante;

sfrutta la tecnologia, dalla Virtual Reality ai sistemi IOT, per migliorare se stesso e acquisire dati che monitora e diffonde;

e da lì, ricomincia: le prestazioni, le news, i sondaggi, i contest.

Dati, sì. Informazioni, sicuro. Ma anche tanta psicologia.

Intrattiene il fan, lo fa sentire importante, gli mostra il proprio volto reale ed ammaliante. In uno scambio che lo vede glorificato come un eroe per le sue gesta sul campo, ammirato come idolo in cui identificarsi nella vita di tutti i giorni, si avvicina ai supporter rendendosi più umano. Coinvolgendoli. Le distanze si annullano, le possibilità aumentano.

Un media, un brand. Che, con i giusti strumenti, con un Media Hub a disposizione, può sfruttare la propria immagine e avviare attraverso i dati un processo di monetizzazione.

Dati che provengono dai social, quelli scambiati nei touchpoint digitali, nelle app, alla registrazione. Dati che permettano di conoscere in maniera più approfondita la propria fanbase avviando strategie di loyalty e fidelizzazione. PlayerXP – la nuova piattaforma lanciata da IQUII e dedicata agli atleti – è pensata proprio per migliorare la relazione tra il giocatore e la sua fanbase, creando e sviluppando con la community una solida relazione e stimolarne l’interazione. Inoltre, l’obiettvo è migliorare il processo di raccolta dati e trasformare l’atleta in un brand. Queste azioni possono essere sviluppate con il supporto di funzionalità, tra le quali social update, bio e statistiche, calendario eventi personale, media center, sponsor fino all’area member per accedere a contenuti esclusivi, all’x-commerce ed a tante altre ancora, che danno al Player 4.0 l’opportunità di accentrare tutto, gestire e monetizzare:

direttamente, proponendo prodotti e servizi personalizzati e attraverso azioni fortemente profilate. L’acquisizione dei dati dell’utente, infatti, migliora l’offerta di servizi mirati in linea con gli interessi e le esigenze dei supporter, come merchandising, ticketing, e acquisti in app;

indirettamente, grazie a un’utenza altamente profilata che garantisce a partner e sponsor un potente strumento per entrare in contatto col target. In particolare, fornendo comunicazioni ed offerte commerciali agli utenti che potrebbero esserne maggiormente interessati. Come, ad esempio, sponsorizzazioni, advertising e altre azioni targettizzate.

Per i supporter. Per i fan. Con vantaggi enormi per le società.

Perché, infatti, proprio su quelle possibilità, i dati non mentono, puntano e punteranno sempre più gli stessi club, in una gestione strategicamente pensata e coordinata per sfruttare al massimo questi nuovi asset dalla irrefrenabile portata. Gli stessi contratti, ne sono convinto, ben presto includeranno clausole di condivisione dei contenuti pubblicati sulle pagine social ufficiali dei club. Con benefici reciproci:

si raggiungeranno più tifosi: una audience ampliata dai fan del player, magari in funzione di una determinata lingua o nazione – quelle dell’atleta – o bacini di utenza privilegiati: giovanissimi, pubblico femminile (altro tema caldo, come vedremo);

si struttureranno database sempre più precisi, raccogliendo e incrociando preziosissimi dati su cui basare strategie e campagne pubblicitarie, oltre che da usare come input per migliorare la fan experience;

si intratterranno i fan attraverso il second screen, nei momenti di massima emozione e coinvolgimento: quelli a contatto – virtuale – con i propri beniamini;

si fidelizzeranno i follower acquisiti e, se la strategia sarà giusta, si riuscirà a mantenere la loro loyalty anche dopo che la collaborazione con il player sarà terminata;

gli atleti, a propria volta, avranno capacità commerciali anche a carriera conclusa.

Tutto questo perché i social, non è più una novità, hanno abilitato le interazioni e spostato le attenzioni. Oltre l’82% del target millennial, ad esempio, vive costantemente su queste piattaforme con molteplici accessi ogni settimana. Ma, soprattutto, hanno permesso di instaurare, con chi è lontano, intense e durature relazioni.

Su cui si lavora per le fidelizzazioni, puntando alle monetizzazioni, grazie alle nuove televisioni.

E a queste vere e proprie nazioni.

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