Siamo con Federico Smanio, Amministratore Delegato di Wylab, il primo Sport-tech incubator italiano che ha siglato una partnership strategica con IQUII lo scorso maggio, che mira a sviluppare un hub di competenze e di offerta volto a rilanciare l’ecosistema dello sport italiano dal punto di vista economico e culturale. Oltre alla partnership con la Digital Consulting Company, Federico ci ha raccontato il modello di business di Wylab e ci ha fornito la sua visione sulle nuove sfide ed opportunità dell’odierna Sport Industry.
Ciao Federico, grazie per essere qui con noi oggi. Partiamo dal modello di business di Wylab: quali sono i pilastri della vostra strategia? Come può portare valore la nuova partnership con IQUII nel rilanciare l’ecosistema dello Sport Business italiano?
“Wylab è il primo incubatore italiano verticale su sport e tecnologia. Nasce nel 2016 grazie alla visione di Matteo Campodonico, fondatore di Wyscout, la più grande piattaforma di dati e video per il calcio – da poco acquisita da Hudl Group – e Antonio Gozzi, imprenditore di successo nel settore dell’acciaio e primo sostenitore di Wyscout, con l’obiettivo di dare vita a un centro di eccellenza per lo sviluppo economico e culturale basato sulla valorizzazione del talento imprenditoriale italiano.
La missione di Wylab è trasferire la tecnologia e l’innovazione al sistema sportivo italiano, attraverso la ricerca, la selezione, lo sviluppo e l’investimento diretto in startup ad alta vocazione tecnologica con focus sullo sport. Il nostro modello di business si basa sul ritorno dell’investimento in startup in fase iniziale cui offriamo una vera e propria partnership industriale e un primo sostegno economico per aiutarle nel percorso di crescita; gestiamo anche un’attività di co-working funzionale anche alle startup e offriamo consulenza e formazione non necessariamente in ambito sportivo.
La partnership con IQUII va nella direzione di migliorare la proposizione di valore verso le organizzazioni sportive, combinando il nostro know-how sul mondo startup e tecnologie, il network di mentor e imprenditori, l’esperienza in ambito di open innovation con la capacità di sviluppo digitale e la comprovata qualità nei progetti di fan engagement di IQUII. L’ambito formativo e l’organizzazione di eventi vanno a braccetto con la consulenza perché diventa quanto mai prioritario formare una classe dirigente in grado di comprendere forme e traiettorie di un business dello sport travolto dalla rivoluzione digitale.”
Sia IQUII che Wylab si pongono quotidianamente la sfida di accelerare la Digital Transformation nel mondo dello Sport italiano: unire le forze per perseguire questo obiettivo è il principale driver di questa partnership. Quali sono le sfide della moderna Sport Industry, e come la digital transformation impatta sul business delle organizzazioni sportive?
“Credo che l’evoluzione delle organizzazioni sportive sia ineluttabile come risposta agli stravolgimenti che stanno accadendo all’interno della nostra società, nei modelli di comportamento delle persone, e quindi dei tifosi, determinati dall’incessante avanzamento della tecnologia. La capacità di adattamento (#adaptordie) diventa quindi una dote fondamentale per evitare la perdita di rilevanza nei confronti delle audience e la scomparsa dal mercato e, a mio avviso, passa dalla capacità di fare innovazione a tutti i livelli. Il concetto di darwinisimo digitale vale anche per i brand sportivi che tendono a dare per scontato la passione dei propri tifosi, quando invece è provato che questi stanno diventando poligami, tifano più squadre insieme anche rivali, tengono più agli atleti che ai team, seguono più sport insieme. Sappiamo che il livello di attenzione dei consumatori è sempre più basso, l’audience sempre più frammentata socialmente e geograficamente, le proposte di divertimento aumentano mentre arrivano nuovi competitor. Rispetto alla mia generazione sembra che i ragazzi più giovani siano più interessati alle finali della League of Legends su Twitch che ai principali eventi sportivi tradizionali.
Allo stesso tempo, cambiano i modelli di sponsorizzazione, con le aziende alla ricerca di partnership che assicurino il ritorno dell’investimento, in termini di crescita dei numeri di business, ricavi e nuovi clienti acquisiti da community sportive altamente coinvolte.
Vedo due macro impatti – che possiamo anche definire opportunità – della tecnologia nel mondo dello sport: il primo è l’opportunità di ridefinire la relazione con i fan, con i quali è ora possibile rapportarsi senza intermediazioni e interruzioni; il secondo, conseguente al primo, è la possibilità di risolvere uno dei grandi problemi dello sport, vale a dire l’atavica incapacità di “appropriarsi” di una frazione consistente della passione dei fan, che difficilmente i club sportivi sono in grado di conoscere e “monetizzare”.”
L’innovazione e la tecnologia sono alla base dell’evoluzione in corso nella Sport Industry: Virtual Reality, dispositivi wearable al servizio della fan experience e della athlete performance, ma anche Sport Platform a supporto del business, per potenziare l’engagement e impostare processi di profilazione delle fanbase. Quali sono le principali tecnologie su cui puntate nel vostro programma di accelerazione? Quali saranno le disruptive technologies del futuro?
“Concentriamo la nostra attenzione sulle tecnologie e i servizi che risolvono reali problemi nell’ambito dello sport, sulle soluzioni con un mercato potenziale rilevante, è fondamentale valutare attentamente le persone che guidano le startup (il team). In quello che ci viene proposto ci deve essere quell’elemento di novità rispetto a quello che già conosciamo. Quindi il pensiero è rivolto più alla qualità degli interlocutori e delle loro idee che alle tecnologie in sè e per sè.
Personalmente, vedo con estremo interesse gli sviluppi della realtà aumentata, più che di quella virtuale, e le possibilità quasi infinite di migliorare l’esperienza dei fan senza isolarli dal contesto in cui si trovano. Credo che ci sia notevole spazio per la crescita in ambito di intelligenza artificiale applicata ai dati sportivi, ovvero come questi sistemi possono aiutare gli atleti e le organizzazioni a prendere decisioni migliori e ad avvicinarsi alla perfezione, e i relativi effetti nella fruizione dei contenuti sportivi. Guardo con estremo interesse al mondo degli esports, ancora di difficile interpretazione. Altro oceano blu mi sembra il mondo dello sport di base, non professionistico, un mercato estremamente interessante ma ancora poco esplorato. Sono curioso di vedere quali tecnologie verranno sviluppate in questi ambiti e come tutto questo impatterà il mondo dei media.”
Mai come ora, nella moderna Sport Industry il protagonista assoluto è il fan. Il tifoso va non solo accontentato, ma va compreso e posto al centro delle strategie delle organizzazioni sportive. In tal senso, quali sono gli elementi imprescindibili nella strutturazione di un’idea/programma fan-first vincente?
“Che il protagonista sia il fan non è ancora dato a vedere, non mi sembra che le organizzazioni sportive abbiano minimamente adottato una strategia fan-centrica. Per prima cosa, chi è al comando dello sport deve essere in grado di riconoscere e valorizzare i fondamenti della passione che lega le persone al proprio sport, alla squadra, alla maglia. È un legame che va celebrato ogni giorno perché è alla base dell’esistenza stessa dello sport. Questo significa essere fan-first: è un approccio, una mentalità, una cultura. E non si può improvvisare. Il tifoso va cioè studiato e capito, la gestione dell’identità dei fan e la conoscenza che ne deriva diventano il fattore critico di successo che permette di proporre non solo i contenuti più rilevanti, al momento giusto, attraverso i canali preferiti dai tifosi, ma anche un adeguato livello di servizio e un’esperienza olistica che funziona e diverte.
Cosa sarebbe il calcio se allo stadio non ci fossero i tifosi? Se conosciamo la risposta è necessario che velocemente adottiamo quelle azioni che ci avvicinano ai fan, ci permettano di conoscerli e di diventare una presenza costante e fondamentale nella loro vita. La principale sfida dello sport oggi è attrarre e coinvolgere le nuove generazioni.
Quindi solo se veramente mettiamo i fan al centro, siamo in grado di capire cosa vogliono veramente, possiamo offrire contenuti personalizzati ed esperienze ingaggianti lungo tutti i punti di contatto nel viaggio che il tifoso compie non solo il giorno della partita. Per fare questo è necessaria la tecnologia, un sistema di gestione dell’identità degli utenti che sia in grado di restituire una visione unica, chiara e illuminante del tifoso. Ma ancor più importante sono la strategia, i processi, la cultura aziendale, il capitale umano. Un programma fan-first per funzionare non può essere l’iniziativa di un bravo manager ma deve riflettere l’indirizzo e la strategia che vengono stabiliti dall’alto, da chi è al comando delle organizzazioni sportive.”
Un altro elemento portante del cambiamento a cui stiamo assistendo riguarda la comunicazione: bisogna intrattenere e coinvolgere la fanbase, diversificando i contenuti offerti in modo totalmente disintermediato. Alcune società italiane, come Inter e Roma, si stanno muovendo in tal senso, strutturando Media Hub in grado di trasformare i club in vere e proprie Media Company. Cosa ne pensi di questa rivoluzione in atto?
“Il modello di business dei club di calcio si è modificato notevolmente nel corso degli ultimi trent’anni, siamo passati da un qualcosa più vicino a un circo, che produce ricavi vendendo i biglietti e gli abbonamenti delle partite, a qualcosa in tutto simile a una media company con i personaggi (le star, i calciatori) i film e gli show televisivi (le partite, i programmi tv) il merchandising delle magliette e delle varie linee di prodotti, i parchi a tema (gli store ufficiali, gli stadi che diventano mete turistiche, i musei, i tour internazionali). Pensiamo alla Liga che ha aperto una catena di ristoranti in alcune delle più importanti mete mondiali.
Ma la trasformazione in media company, siamo onesti, sta avvenendo solo per una parte marginale delle organizzazioni calcistiche, l’elite, i top club, che si stanno strutturando con la tecnologia e le risorse umane per poter offrire al fan il contenuto più rilevante, al momento giusto, attraverso il canale più appropriato. E spesso i top club non fanno nemmeno tutto in casa, appoggiandosi ai servizi di agenzie esterne e delegando alcune fasi della catena di produzione e distribuzione dei contenuti.
Tuttavia, è proprio la capacità di raccontare una storia avvincente, e offrire contenuti di qualità ai fan che può contribuire a ridurre il gap (non tanto economico ma di appeal) che oggi esiste tra i big e tutti gli altri. I club di calcio non possono più limitarsi a “fare calcio” sul campo ma devono diventare vere e proprie organizzazioni sociali, in grado di produrre contenuti, divertimento ed esperienze. Questo significa entrare a far parte dell’industria dell’entertainment a tutti gli effetti.”
Tra le sfide future di Wylab anche l’universo e-Sports. Alcune squadre in Italia si sono già dotate di un proprio team (vedi Sampdoria e Roma), mentre altre sembrano ancora “snobbare” in qualche modo questa nuova tendenza: perché, invece, dovrebbero puntarci? In che modo Wylab si inserisce in questo contesto?
“Il fenomeno degli esport è indubbiamente interessante perché riflette i grandi cambiamenti in atto nella nostra società e in particolare nelle generazioni più giovani (centennial o generazione Z). Due sono gli aspetti che rendono il mondo esport appetibile per gli sport tradizionali. Il primo è che gli esport sono seguiti dalle generazioni che gli sport classici fanno oggi grande fatica a coinvolgere; il secondo è che gli esport possono rappresentare un nuovo asset monetizzabile per le organizzazioni sportive perché i brand sponsor sono alla ricerca di community di fan giovani e altamente coinvolti. Entrare nel mondo degli esport significa, per un team sportivo, estendere la proposta commerciale, offrire nuovi asset e nuovi fan. Diventare insomma molto più appetibili e avvicinare una fetta di audience che oggi non sembra interessata allo sport come lo abbiamo sempre conosciuto.
Credo però che siamo ancora piuttosto indietro, assistiamo a dei tentativi che hanno più della trovata mediatica che di una strategia ben pianificata. Mi sembra tutto simile ai primi anni in cui ci si lanciava sui social solo perché lo facevano tutti, senza un’idea chiara degli obiettivi e delle dinamiche di relazione con i fan.
Wylab è molto attento a valutare le opportunità che possono scaturire da questo ambito. Abbiamo da poco stretto una partnership con Campus Sparks, importante team di e-sports della galassia Campus Party. A breve organizzeremo un evento per analizzare il tema da tutti i punti di vista. Non possiamo non pensare all’evoluzione dell’universo esport, dobbiamo studiare attentamente questo fenomeno e cogliere le opportunità che certamente offrirà anche dal punto di vista delle nuove tecnologie.”Ringraziamo Federico Smanio per il suo prezioso contributo. Continueremo a seguire le numerose attività di Wylab e delle startup parte del programma di accelerazione.
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