Nulla di nuovo: i social media hanno assunto, ormai da tempo, un ruolo centrale nella nostra quotidianità. In base alle statistiche di Hootsuite, le persone che li usano quotidianamente sono 3 miliardi, e ben 31 milioni di italiani – circa la metà della popolazione della nostra penisola – è iscritta almeno ad uno di essi.
A seguito della nascita di questi nuovi strumenti digital, la comunicazione è stata rivoluzionata, diventando bidirezionale, e portando di conseguenza importanti cambiamenti nel mondo del marketing e del branding, soprattutto in relazione alle modalità con cui le aziende si interfacciano con la fanbase di riferimento. I social media offrono alle aziende nuovi elementi per promuovere la propria attività, interagire con i potenziali clienti, indirizzarli verso il proprio sito ufficiale e dunque raccoglierne i dati. Uno tra gli strumenti più diffusi ed utilizzati da parte dei brand – al fine di migliorare la propria brand reputation, il valore di marca e di conseguenza le vendite – è sicuramente l’influencer marketing, che permette oltre che di ottenere un ROI stabile, di sviluppare processi di lead generation. Da un report realizzato da Nielsen emerge che circa l’83% dei consumatori si fidi molto di più dei suggerimenti degli influencer piuttosto che del brand, e che le aziende americane che ricorrono a questo tool sono in grado di guadagnare circa $6.50 per ogni dollaro investito.
Nonostante quanto appena detto e sebbene negli ultimi anni questa strategia di marketing sia diventata un’industria multi miliardaria, porta con sé insidie e potenziali pericoli cui è necessario prestare attenzione.
Proprio per questi motivi, da ormai tre anni a questa parte, il mondo dell’influencer marketing ha subìto un importante cambiamento, iniziando a vedere l’ingresso di nuovi protagonisti sulla scena, ossia i Virtual Influencer.
Ma chi sono i Virtual Influencer?
Parliamo di avatar, robot, creature digitali con grafica 3D, soggetti non reali, realizzati attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale. Il fenomeno ha avuto origine attorno al 2016 negli USA, per poi esplodere rapidamente a livello globale.
L’attuale affermazione dei Virtual Influencer, o Computer-Generated Imagery Influencer, deriva da mutamenti sociali, culturali e soprattutto psicologici avvenuti negli ultimi anni, che sono andati ad impattare principalmente sul comportamento sociale, sulla ricettività agli stimoli esterni e sulle abitudini della Generazione Z.
Il 40% di questo target afferma di sentirsi maggiormente compreso da un personaggio digitale piuttosto che da influencer in carne ed ossa; il potenziale del fenomeno dunque, in termini di condizionamento del cluster di riferimento, è altissimo.
Questo perché tutti i contenuti creati ad hoc, in cui i Virtual Influencer vengono posti, rappresentano in qualche modo delle abitudini, delle esperienze e degli stili di vita che la maggior parte della Generazione Z vorrebbe far propri.
I CGI, inoltre, permettono ai più giovani di arginare in qualche modo la FOMO (Fear Of Missing Out), ossia un’ansia sociale – legata tipicamente al mondo del digital – che si sta diffondendo in questo periodo storico, in relazione alla compulsiva preoccupazione di perdere l’opportunità di interagire via social.
I Virtual Influencer, grazie alla velocità di posting sui social e alla loro ubiquità – dovuta all’intelligenza artificiale – sono in grado di limitare questa problematica dilagante, creando con i propri follower quotidiani rapporti di fiducia e stabilità, nonchè fungendo da abilitatori di dialogo per il target di riferimento, che si relaziona ormai quasi esclusivamente attraverso l’uso dei canali social.
Tutti questi soggetti digitali, al pari degli influencer in carne ed ossa:
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Condividono con il loro pubblico momenti di vita quotidiana, hobby, interessi e passioni;
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Sono dotati di un proprio stile, personalità e soprattutto carattere, in grado di contraddistinguerli l’uno dall’altro;
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Fanno parte di un ecosistema sociale e relazionale, essendo in grado di sviluppare tra loro rapporti di amicizia, relazioni sentimentali, simpatie ma anche profonde incompatibilità ed avversioni;
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Promuovono dinamiche sociali d’interesse pubblico, mediante la divulgazione delle strategie di CSR implementate da parte delle aziende che sostengono e sponsorizzano. In questo modo, facendosi portavoce di tali argomenti, cercano di sensibilizzare la propria fanbase di riferimento, che diversamente rischierebbe di rimanerne potenzialmente estranea.
Il fenomeno dei Virtual influencer, proprio perchè particolarmente efficace per il target appena analizzato, è caratterizzato da un diffuso utilizzo da parte dei brand. Grazie alla loro natura simil-umana che permette di ispirare e influenzare la fanbase che li segue, essi diventano asset strategici importantissimi nelle mani dei brand, che li utilizzano per le proprie campagne marketing.
Ma quali sono i motivi che spingono un brand a preferire i Virtual Influencer a quelli reali? Qual è il valore aggiunto derivante dall’utilizzo delle figure digitali?
Innanzitutto i brand hanno la possibilità, attraverso l’implementazione di questa digital strategy, di creare dei contenuti perfettamente in linea con i propri valori e con la vision aziendale, nonché esattamente in target con la fanbase verso cui si rivolgono.
I CGI sono figure realizzate ad hoc, in grado di favorire la comunicazione diretta del brand e di mantenerne alta la reputation; non essendo soggetti realmente esistenti, non si renderanno mai protagonisti di gaffe social che potrebbero danneggiare l’immagine del brand che sponsorizzano.
E proprio sulla loro principale caratteristica di virtualità si basa un altro vantaggio riscontrabile da parte dei brand: i Virtual Influencer non necessitano, a differenza di quelli reali, di un team che li segua e li supporti quotidianamente, ottenendo dunque in tal modo un parziale abbattimento dei costi.
Come visto precedentemente, il fenomeno è nato nel 2016 grazie alla creazione da parte della Brud – società di Los Angeles specializzata in robotica, AI e media – di Lil Miquela, una ragazza di 19 anni di origini ispanico-brasiliane, che fa la modella per numerosi brand di alta moda tra cui Prada, Chanel e Moncler. Lil è al momento la più seguita di questi personaggi, con oltre 1.7M follower (miquelitos), ed è particolarmente apprezzata per le tematiche sociali affrontate all’interno dei suoi post.
Un altro caso molto interessante è senza ombra di dubbio quello del Colonnello Sanders, vero e proprio avatar del fondatore della nota catena di fast food KFC.
Dando una rapida occhiata ai principali canali social del brand infatti, si nota immediatamente come il marketing team di KFC sia avvezzo a provare nuove strategie digitali, al fine di favorire la conoscenza dell’azienda e dei suoi prodotti sul web.
Il Colonnello – sviluppato digitalmente da Wieden + Kennedy Portland – ha per circa due settimane preso le redini di tutti i canali social aziendali, mostrando la sua quotidianità ed elargendo consigli agli utenti, in modo tale da rappresentare un influencer a tutti gli effetti, con una fanbase di 1.5M follower.
A dispetto di quanto si potrebbe pensare infatti, non è un semplice testimonial di KFC – dopo aver introdotto sul canale social l’avatar del Colonnello, il marketing team del fast food si è reso conto che le caratteristiche alla base del personaggio, nonchè la sua efficacia sul piano comunicativo e i contenuti condivisi con i fan, lo hanno reso quasi indipendente, tanto da fargli intraprendere collaborazioni con altre aziende, a patto che condividessero i suoi stessi valori, obiettivi e ideali.
I post e le story di Sanders dunque non sono incentrati esclusivamente su KFC, ma vengono realizzati anche per sponsorizzare e promuovere prodotti e servizi di altri brand, tra cui Dr. Pepper, Old Spices, Cinnabon.
Il Brand Ambassador virtuale di KFC si è quindi evoluto, diventando Brand Ambassador anche di altre aziende.
Questo primo esperimento portato avanti dalla catena di fast food, per un periodo limitato di due settimane – il Colonnello Sanders è infatti stato attivo su Instagram dall’8 al 22 aprile scorso – ha permesso sicuramente di far distinguere il brand dai competitor, grazie a tecniche di marketing non convenzionali per il settore del food & beverage. Oltre a questo, il personaggio è stato poi in grado di dimostrare il potenziale dei modelli virtuali in partnership con altri brand, grazie ad un engagement rate medio pari a 1.8%, sopra la media contando l’elevato numero di follower acquisiti nel periodo di riferimento.
Anche il mondo del gaming – FIFA nello specifico – ha sfruttato le potenzialità dei Virtual Influencer per posizionare e raccontare in maniera diversa il proprio brand. FIFA – il videogioco per console più venduto in Italia – ha sempre cercato di implementare nelle sue edizioni elementi innovativi, arrivando a rivoluzionare il gioco con la realizzazione della sua diciassettesima edizione. È stato infatti presentato al mondo – nel settembre 2016 – Alex Hunter, avatar di un giovane calciatore inglese, protagonista della serie The Journey. Il personaggio nel corso del tempo è stato modificato e sviluppato, fino al suo approdo su Instagram la scorsa primavera. Il principale obiettivo di FIFA è stato quello di regalare a tutti i giocatori un’esperienza maggiormente immersiva e coinvolgente, utilizzando un personaggio che potesse attrarli e influenzarli allo stesso tempo, grazie alle collaborazioni strette nel 2018 con Adidas e soprattutto Coca-Cola. Alex infatti è diventato il testimonial e il volto del prodotto “Zero Sugar” di Coca-Cola, che per la prima volta ha deciso di fare leva su una figura digitale per la promozione di un prodotto aziendale, reinventando in tal modo il proprio approccio al marketing e al mondo pubblicitario.
Nonostante il fenomeno stia attualmente dilagando soprattutto nella fashion industry, anche il mondo dello sport sembra essere interessato e particolarmente affine all’utilizzo di queste figure. Così come i Virtual Influencer infatti, anche le mascotte sportive sono personaggi non reali, generalmente utilizzati come Brand Ambassador. Nascono e si sviluppano con le stesse logiche e dinamiche che regolano l’ecosistema dei CGI, con una spiccata propensione alla capacità di educazione della fanbase. Inoltre queste figure – dalle fattezze generalmente di animali – proprio come gli influencer in carne ed ossa e i colleghi virtuali, dedicano gran parte del proprio tempo e dei propri contenuti social, alla sensibilizzazione verso problematiche sociali. Sport e sostenibilità rappresentano infatti un binomio in continua evoluzione, e le mascotte costituiscono delle figure chiave nel processo di coinvolgimento dei fan in iniziative dallo scopo sociale. I club e brand sportivi possono dunque ottenere importanti vantaggi – le mascotte infatti sono in grado di rendere maggiormente riconoscibili e identificabili le società sportive ed i loro prodotti, e godono di un’efficacia superiore grazie all’informalità che le contraddistingue nella relazione con i fan.
Uno dei casi più interessanti da considerare, in questo senso, è sicuramente quello di Bailey, mascotte ufficiale dei L.A. Kings, team militante nell’NHL.
Bailey infatti – proprio come il Colonnello Sanders – al momento rappresenta un influencer e una star di Instagram a tutti gli effetti, avendo anche un Fun Club completamente a lui dedicato.
Il Leone – che sui social network si mostra particolarmente attento alle cause sociali, invitando i tifosi a contribuire – non si dedica esclusivamente alla promozione degli eventi del team di cui è il principale rappresentante, ma collabora con brand quali Adidas, Popcornopolis e Knott’s.
Ma nel mondo sportivo, ed in particolare nelle principali leghe statunitensi, non è poi così inusuale trovare mascotte in grado di attrarre ed influenzare il pubblico.
Cosmo The Cougar è un altro caso di successo di mascotte che, con ben 132K follower e un engagement rate pari al 10.5% su Instagram – di gran lunga superiore rispetto al tasso medio – costituisce un vero trascinatore della propria fanbase. Il Puma – supporter ufficiale delle squadre atletiche della Brigham Young University – oltre ad avere un proprio sito internet, possiede anche profili personali sui principali social network in cui mostra le sue doti atletiche e promuove diversi brand tra cui Brick Oven Restaurants.
Nonostante i diversi casi analizzati e le potenzialità individuate, ci troviamo al momento solo all’inizio di questa nuova era, caratterizzata da una relazione tra utente e mondo virtuale sempre più profonda. Il nuovo trend individuato si trova infatti attualmente in una fase di particolare successo, spinto soprattutto dal fattore novità che costituisce un importante impulso per gran parte di queste figure sui social.
Malgrado questo, è altamente improbabile che i CGI siano in grado di soppiantare completamente i reali influencer; l’intenzione infatti non è sostituire gli esseri umani sui social, ma piuttosto portare a coesistere le due figure in armonia, poichè entrambe sono in grado di impattare positivamente sulla fanbase di riferimento e sui brand con cui collaborano.
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