C’è stato un tempo in cui la parola pubblicità veniva usata moltissimo e associata a tutto ciò che passava in TV e sui cartelloni giganti in giro per le città. Singolare come la terminologia che usavamo sia stata soppiantata da una serie di neologismi comparsi con il digitale. Oggi parliamo di advertising e non di pubblicità, e con il termine sono variati anche i luoghi di distribuzione. Nello sport la “pubblicità” ha avuto sempre un grande peso. Legata inizialmente alle sole logiche delle sponsorizzazioni, occupava luoghi ben definiti: i cartelli pubblicitari a bordo campo, gli spazi sull’abbigliamento da gara e tutti piccoli o grandi oggetti legati alla vita del club. Poi sono entrati in gioco i diritti televisivi. Pensate che i contenuti, inizialmente, venivano ceduti senza compenso, in cambio della “messa in onda” della trasmissione della gara. Per una determinata fascia di livello dei club, soprattutto nel calcio, gli introiti da diritti TV hanno a lungo sostenuto lo sport. E questa cosa è talmente vera che il 15 novembre 2020 La Gazzetta dello Sport ha delineato uno scenario preoccupante per la Serie A di calcio le cui squadre, riferendosi ai diritti televisivi, “non hanno potuto conteggiare nei bilanci 2019/2020 la quota relativa alle ultime 10 giornate, disputate dopo il 30 giugno: parliamo di poco meno di 300 milioni (di euro)” Considerando che l’intera stagione 2020/2021 sarà compromessa, i bilanci del prossimo anno non racconteranno di numeri incoraggianti.
Ma cerchiamo di capire perché siamo giunti a questa situazione e cosa potrebbe cambiare (lentamente purtroppo) le cose. Per lo sport la TV è un media essenziale. E la questione dei diritti televisivi è un complesso meccanismo che vede la compresenza di 3 elementi quali
il tifo presente sugli spalti;
A far da raccordo a tutto questo c’è il contenuto. Con la pandemia è venuto a mancare (ovviamente) il tifo nello stadio. Probabilmente molti penseranno che non è rilevante e che la gara possa essere ripresa ugualmente dai media e le persone continuerebbero a fruire dei contenuti da casa, comodamente seduti sul divano. Ma la presenza delle migliaia di tifosi è indispensabile affinché il meccanismo dei diritti televisivi funzioni e venga contrattualizzato esattamente alle cifre in previsione. Lo ha spiegato molto bene Andrea Donegà di Logo SporTrend, citando i tre elementi che determinano il valore di un club: tifosi, ricavi e risultati. Questi elementi sono strettamente connessi e con il mancare di uno dei tre, il valore del club è a rischio default.
Quella che è rimasta in piedi è tutta l’infrastruttura digitale, tutta quella impalcatura considerata, per anni, come un contorno legittimato dello sport giocato, oggi divenuta l’elemento fondante della sport economy del futuro.
Già i media tradizionali avevano iniziato, negli ultimi anni, a cedere il passo alle piattaforme digitali e da un periodo di accentramento del contenuto distribuito quasi esclusivamente dalla TV si è passati a una segmentazione tecnologica che ha avuto impatto, naturalmente, anche sulla parte della contrattualizzazione.
La pubblicità nello sport diventa advertising
Ma il vero problema è capire come coinvolgere gli sponsor, offrire loro una visione futuristica degli investimenti a sostegno dello sport. Così la pubblicità è divenuta advertising e si è transitati da un range di “vendita” del contenuto seguendo due parametri essenziali, cioè la fascia oraria e il tipo di contenuto, a una scelta impressionante di possibilità di investimento, dipendenti dalla svariata customizzazione delle azioni ADV declinate nelle diverse piattaforme sociali. Riflettiamo sul fatto di quanto fosse possibile personalizzare la distribuzione del contenuto attraverso la TV e quanto ora abbiamo nelle mani dati e strumenti che ci consentono di segmentare, verticalizzare e investire, esponendo anche i brand partner, nell’advertising utilizzando il contenuto attraverso diverse tipologie di proposition.
Un primo passo è stato fatto attraverso la nascita delle Media House nello sport. Ciò ha permesso di rivedere anche la contrattualizzazione dei diritti televisivi, lasciando al Club la facoltà di gestire contenuti esclusivi, distribuiti attraverso un canale diverso del broadcaster tradizionale e aprendo, di fatto, nuove strade nell’interpretazione sempre più “parcellizzata” della gestione dei contenuti proprietari.
Sky Advertising Manager: quando il broadcaster apprende dai social
I Social Media, così come riportato anche da Simone Tomassetti in un suo recente intervento nel workshop sul “Futuro dello Sport Business”, hanno aperto la possibilità di andare oltre gli unici due parametri iniziali, grazie all’analisi dei dati che gli utenti lasciano durante le loro interazioni negli ambienti dello sport digitale. Abbiamo vissuto (e stiamo vivendo) non solo una segmentazione tecnologica, dettata dalla presenza di tanti mondi digitali percorribili, ma anche una segmentazione di audience e di contrattualizzazione dei contenuti. Tutto questo, naturalmente, si riflette sui contratti tra club e broadcaster che stanno sensibilmente cambiando, cercando di definire esattamente dove e quale contenuto verrà distribuito.
Ma l’ultima frontiera sarà quella di apprendere dalla dinamica dei Social, dal modello di business delle BIG TECH per reinventare un sistema di broadcasting sempre più verticale, che sfrutti la potenza del dato e restituisca la spinta per attuare una nuova trasformazione.
Un primo passo è stato fatto con il rilascio da parte di Sky di una nuova piattaforma di advertising digitale multicanale, Sky Advertising Manager, che consente la pianificazione personalizzata delle proprie campagne sul portafoglio gestito da Sky, in maniera automatizzata. La piattaforma è gratuita (si pagherà esclusivamente il costo delle campagne) e gestirà i canali digitali che presto saranno integrati anche con tutti i canali a pagamento come Sky Go e Sky on Demand.
Sky Advertising Manager e la contrattualizzazione dei diritti
Saranno le piccole e medie imprese così come le web agencies a poter utilizzare la piattaforma. Si avrà la possibilità di selezionare i contenuti, i canali e l’audience, il tutto rapportato al proprio budget e articolato attraverso 5 tipologie di proposition pubblicitaria:
Questa opportunità offre una strada completamente nuova per gli eventuali sponsor di affiancarsi non più esclusivamente al club ma al contenuto, proporzionalmente al budget che hanno deciso di investire, aprendo, di fatto, una ancor più ampia possibilità di revenue per il broadcaster e per il club. Naturalmente la contrattualizzazione dei diritti ceduti a Sky (in questo caso specifico) dovrà tener conto della maggiore ricaduta e possibilità di coinvolgimento anche di piccoli cluster economici e valutare con esattezza quali contenuti distribuire con questo nuovo sistema e quali tenere per altri canali.
L’evoluzione dello sport business passa sempre più attraverso soluzioni tecnologiche che si contaminano a vicenda e che mutano e si modificano attorno al fan, elemento fondamentale della radicale trasformazione digitale dello sport.
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