Parlare di sport vuol dire avere un punto di vista rispetto a quello che accade in un mondo la cui prerogativa è l’attività in campo, in pista, concentrati sul risultato, sulla performance, sulla passione e sulla fatica. Il nostro modo di raccontare storie è, senza ombra di dubbio, focalizzato sulla ricerca di quella declinazione dello sport nel mondo digitale, nella tecnologia che ha pervaso ogni attimo della vita in campo e fuori dal campo degli atleti.
Mixed Zone è una nuova avventura che traduce il pensiero e le parole dei protagonisti dello sport nazionale e internazionale: atleti, professionisti e tecnici si avvicenderanno sulle pagine del nostro magazine, per raccontare la loro storia, con un occhio critico sul presente e una prospettiva sul futuro dello sport sempre più digitale. Avremo uomini e donne che si sono distinti nel loro percorso, che hanno attraversato paesi e culture, che possono dare un punto di vista importante alla progettualità dello sport che verrà, perché solo attingendo dalle esperienze del passato, possiamo disegnare il futuro di tutte le cose. Cominciamo con Marta Carissimi.
Marta e quegli occhi sempre puntati sul campo di calcio
Marta Carissimi è un’ex calciatrice della Nazionale con oltre 300 presenza in serie A. Laureata magistrale in Ingegneria Gestionale al Politecnico di Torino, ha successivamente conseguito un master in Diritto e Management degli impianti sportivi. Inserita nell’azienda di famiglia, si occupa della gestione dei processi aziendali, alla sfera commerciale, amministrativa e delle risorse umane.
In concomitanza con la fine della carriera, decide di lasciare l’azienda per coniugare passione e competenze nel mondo lavorativo. Si affaccia quindi al mondo dello sport come consulente in marketing, sponsorizzazioni e eventi con un focus particolare sul mondo del calcio femminile. A breve sosterrà anche gli esami per il patentino da allenatore UEFA B.
Quanto è importante, per uno sportivo, la formazione personale in prospettiva futura?
“Credo sia fondamentale. La carriera di un’atleta è relativamente breve, e formarsi permette di aprirsi nuove strade e cogliere le opportunità che si presentano. Lo sport di alto livello obbliga spesso gli atleti a condurre una vita focalizzati sullo sport, perdendo di vista tutto quello che c’è attorno e rischiando, al termine della carriera, di fare i conti con l’adattamento ad una “nuova vita” che spesso si ripercuote in problematiche psicologiche e sociali. È quindi molto importante pensare al dopo, programmarlo e formarsi per poter scegliere cosa fare e chi essere anche al termine della carriera.”
In nazionale A Marta ha vestito la maglia azzurra per 56 volte, partecipando all’Europeo di Finlandia 2009 e Olanda 2017. Dopo nove campionati con il Torino si concretizza il passaggio al Bardolino Verona, con cui termina il campionato al secondo posto, accedendo così alla sua prima, delle quattro che disputerà in carriera, Champions League. Dopo due anni si trasferisce all’Inter e, a fine stagione, decide di accettare una proposta dall’estero. Vola in Islanda, allo Stjarnan, con cui in una sola stagione conquista campionato e coppa.
Dal punto di vista comunicativo, quali differenze hai riscontrato con il nostro Paese? Come viene gestita la comunicazione del club e il rapporto con i media?
“Sono passati ormai 7 anni, non so precisamente l’evoluzione che c’è stata in Islanda sotto questi aspetti, in Italia è sicuramente migliorata notevolmente. Quindi, facendo una fotografia dell’esperienza di quel momento, la differenza non era tanto a livello comunicativo quanto nell’intero sistema calcistico e culturale. La maggior parte delle squadre sono nella capitale, dove c’è quindi grande rivalità tra i club ma sempre in maniera molto sportiva. Le ragazze (e i ragazzi) tendono a giocare fino alla maggiore età nei club del proprio quartiere, solo dopo iniziano a trasferirsi nelle altre squadre, ma non è così frequente. Quindi c’è un grande senso di appartenenza alla squadra sia da parte degli atleti che della comunità. Questo si ripercuote anche a livello comunicativo, dove venivano enfatizzati molto gli aspetti positivi e sociali delle squadre, rispetto a sottolineare prestazioni negative o aprire a polemiche.”
Rientrata in Italia torna a Verona dove vince nello stesso anno lo scudetto. Dopo due stagioni si trasferisce alla Fiorentina con cui conquista in due anni uno scudetto e due Coppa Italia. Decide quindi di trasferirsi al Milan. Il 30 giugno 2020, dopo due anni in rossonero, annuncia il suo ritiro dal calcio giocato. Nel post Instagram in cui annunciava il suo addio al calcio, ha scritto:
In questi club (Fiorentina e Milan) ho capito che le cose iniziavano a cambiare, che il calcio femminile iniziava ad avere più seguito e considerazione.
Sulla base della tua esperienza, in quale ambito l’intervento di società strutturate ha portato maggiori benefici al movimento del calcio femminile?
“Direi in maniera globale, in sinergia con la Federazione. Le società professionistiche hanno solide basi economiche e permettono di avere strutture sportive adeguate, staff tecnici formati e preparati, staff e strutture mediche idonee. Hanno appeal a livello mediatico e di mercato, aprono gli stadi che fino a qualche tempo fa erano esclusiva delle squadre maschili. Tutto questo permette alle giocatrici di vivere e allenarsi in contesti altamente professionali, e il conseguente miglioramento è sotto gli occhi di tutti. Si è registrata un’importante crescita di giocatrici straniere di alto profilo nel campionato di serie A, che alza ulteriormente il livello di spettacolo e competitività tra le squadre. I settori giovanili iniziano a essere strutturati e capillari, mentre prima erano appannaggio di poche società. Tutto questo sviluppo porterà al professionismo dalla stagione 2022/23, e senza società strutture non sarebbe possibile.”
La copertura mediatica dedicata alle partite di Serie A Femminile è in crescita, come dimostrano i dati dell’ultimo “The Women Football Club” Report pubblicato da IQUII Sport. Una grande opportunità per gli sponsor e, dunque, per i club.
A che punto è il movimento italiano? Cosa serve per colmare il gap con le grandi squadre europee (tedesche e inglesi soprattutto) fuori dal campo?
“Serve il tempo. Le altre nazioni che hai citato, a cui aggiungerei anche Francia e Spagna, hanno iniziato a investire nel calcio femminile e attuare programmi strutturati 10-20 anni prima di noi. Il campionato inglese (Women’s Super League) è quello che ha avuto la maggior crescita sia da un punto di vista tecnico che mediatico, attestandosi, a mio parere, come il miglior campionato in Europa. Lo scorso mese ha siglato la cessione di diritti tv più ricca al mondo per un campionato di calcio femminile, segno di come, con investimenti e progettualità, il calcio femminile possa concretizzare tutto il suo potenziale.”
Mixed Zone è una rubrica di interviste in cui si raccontano storie di uomini e donne dello sport. Le foto inserite in ogni pezzo sono state fornite dai protagonisti, libere da diritti di pubblicazione o con credits lì dove ci sono stati indicati. Qualora vogliate segnalarci qualsiasi integrazione la mail di riferimento è pr@iquii.com.