Ridurre le emissioni di anidride carbonica, contenere l’utilizzo della plastica, consumare l’acqua in modo consapevole e ridurre lo spreco di cibo, soprattutto in occasione dei matchday. Sono solo alcune delle misure da adottare per garantire la sostenibilità ambientale. Un aspetto sul quale il calcio, attraverso le federazioni, i club e gli atleti stessi, ha posto l’accento. In quest’ottica, lo studio Corporate social responsibility in European football, condotto da Geoff Walters e Richard Tacon nel 2011, ha evidenziato come già in quegli anni le istituzioni calcistiche si stessero adoperando per rafforzare il proprio impegno sul tema. Secondo i dati presentati dalla ricerca, nel 2011 il 50,5% dei club europei si impegnava per una corretta attività di riciclo dei rifiuti e il 46,6% si dedicava alla riduzione di diverse tipologie di spreco. Percentuali significative, certo. Ma non ancora soddisfacenti.
A distanza di dieci anni, la Football Industry ha implementato strategie più efficienti per garantire la sostenibilità ambientale. Nel settore spiccano infatti alcuni esempi virtuosi. Uno su tutti: il Forest Green Rovers, il club più green al mondo. La squadra inglese di League Two, con sede a Nailsworth, ha intrapreso una rigorosa politica ambientale a partire dal 2010, anno in cui fu acquistata da Dale Vince, imprenditore britannico impegnato nel campo dell’energia verde. Tra le tante iniziative, il club si è dotato di un autobus elettrico, ha fornito ai calciatori magliette e parastinchi in bambù e ha progettato un nuovo stadio interamente in legno. Fino a diventare, nel 2018, la prima e unica società sportiva a emissioni zero riconosciuta dall’Onu.La responsabilità sociale è dunque multidimensionale e impatta su tutti gli stakeholder. In questo senso, il calcio può sfruttare la propria popolarità per generare un impatto positivo sulle comunità di tifosi. Uno sforzo in questa direzione può garantire a tutto il movimento un ampio seguito anche in futuro, come dimostra una recente indagine di Global Web Index, ripresa da SportsPro: il 69% dei fan tra i 16 e i 24 anni si aspetta che i club, i brand e gli atleti sportivi sostengano la causa ambientale attraverso la condivisione dei valori e azioni concrete.
Sostenibilità ambientale e Fan Engagement: l’iniziativa Clean Air Better Game
Le iniziative green dei club si stanno moltiplicando. In tanti casi si tratta di attività che riguardano il vissuto quotidiano delle squadre, con tanti piccoli gesti che possono fare la differenza. Sorge però un’altra questione relativa al ruolo sociale di federazioni, club e atleti: come possono influenzare il comportamento dei tifosi, rendendoli più consapevoli sul tema della sostenibilità ambientale? A tal proposito, è interessante analizzare il ruolo delle strategie di comunicazione digitale per coinvolgere i tifosi nelle iniziative in difesa dell’ambiente. Anche questo è Fan Engagement.
Pensiamo, ad esempio, alla campagna Clean Air Better Game, lanciata dall’UEFA in occasione degli Europei Under 21 che si stanno svolgendo in questi giorni. Attraverso una piattaforma dedicata, la federazione calcistica europea invita tutta la community di fan a intraprendere almeno uno dei piccoli gesti quotidiani suggeriti per ridurre l’inquinamento atmosferico e, in generale, proteggere l’ambiente. Take a step è la call to action per invogliare il tifoso a impegnarsi nella campagna: ciascuno step permette di quantificare il risparmio effettivo di CO₂, rendendo così ancora più concreta l’iniziativa. Tra gli step selezionabili, c’è anche l’opzione passaparola, per informare tutti i conoscenti e allargare la community di fan che si impegnano nella cura dell’ambiente.
Il caso di Clean Air Better Game mette in evidenza i tre aspetti fondamentali per una campagna in favore della sostenibilità ambientale:
avere un impatto concreto e misurabile;
L’impatto del matchday: dal paperless ticketing al benefit dei trasporti pubblici
In questo contesto, il rientro dei tifosi allo stadio sta diventando realtà, anche grazie a sistemi di contact tracing e alle campagne di vaccinazione. Proprio i viaggi sostenuti dai tifosi per recarsi allo stadio rappresentano la causa principale di rilascio di anidride carbonica. Secondo alcune stime, circa il 60-70% delle emissioni di CO₂ da parte di ciascun club sarebbe da attribuire agli spostamenti in auto dei tifosi in occasione dei matchday. Per entrare nel dettaglio: nel settembre del 2019, quindi prima dello scoppio della pandemia, la rivista sportiva tedesca kicker ha quantificato l’emissione di CO₂ da parte di un tifoso del Wolfsburg, considerando esclusivamente il tragitto percorso per le partite in trasferta della squadra. Il risultato? Una distanza totale di 12.592 chilometri da percorrere in auto e 2,55 tonnellate di CO₂ prodotte dall’automobile del tifoso. Lo stesso studio, effettuato sul Bayern Monaco, riporta una distanza totale di 17.558 chilometri, che genererebbe 3,56 tonnellate di anidride carbonica.
Questi numeri rendono perfettamente l’idea della necessità di ridurre l’emissione di CO₂ in occasione dei matchday. A tal proposito, il Werder Brema è una delle società tedesche che, nel prezzo del biglietto per assistere a una partita casalinga, include anche la possibilità di viaggiare gratis sui mezzi pubblici per raggiungere lo stadio nelle ore che precedono e seguono la partita. Sicuramente un passo importante verso la sostenibilità ambientale. La proposta si arricchisce anche della possibilità di raggiungere lo stadio attraverso il fiume. Il club mette infatti a disposizione cinque barche che permettono a un massimo di 4.000 tifosi di raggiungere lo stadio senza inquinare.
Il ticketing risulta dunque essere una leva estremamente flessibile ed efficace per garantire accesso a benefit rilevanti per i tifosi e, al tempo stesso, combattere contro l’inquinamento ambientale. Ancora meglio se calata in un contesto digitale, come farà il Bayern Monaco a partire dalla prossima stagione. La squadra bavarese adotterà un sistema di ticketing paperless integrato all’interno della propria App: niente più biglietti di carta, né abbonamenti sotto forma di badge con microchip. In più, tutte le comunicazioni con il tifoso/abbonato avverranno in formato digitale tramite App e/o e-mail. Un cambiamento epocale che, stando a fonti del club, contribuirà al risparmio di 350.000 lettere cartacee inviate annualmente ai sostenitori del Bayern.
Tutto questo è reso possibile dalle piattaforme proprietarie dei club, dagli ambienti digitali su cui si ha completo controllo e che consentono attivazioni di questo tipo, aprendo allo stesso tempo nuovi spazi di visibilità per sponsor e partner (in questo caso sensibili o direttamente coinvolti in temi green), con i quali attivare iniziative in partnership o addirittura co-branding.
La tendenza ultima di questo approccio potrebbe anche coinvolgere gli sponsor: un club interamente green potrebbe decidere di accettare di essere sponsorizzato solo da aziende che fanno della sostenibilità un proprio punto forte. Il tutto a vantaggio della conquista e dell’ingaggio di quelle fette di tifoseria che hanno a cuore queste tematiche e che avvertirebbero una maggiore vicinanza valoriale.
Il ruolo dei calciatori come ambassador per la sostenibilità ambientale
I club europei stanno dunque investendo molto in questo settore. L’organizzazione Sport Positive ha stilato la Sustainability Table 2021, individuando i club più virtuosi di Premier League e Bundesliga in tema di sostenibilità ambientale. Tottenham e Wolfsburg hanno concluso al vertice delle rispettive classifiche. La palla, ora, passa (anche) ai calciatori.
Che fungono da ambassador, sfruttando la propria popolarità per rendere i tifosi sempre più consapevoli sulla necessità di agire per contrastare il problema. Il calcio è seguito da circa 3.5 miliardi di persone: un bacino d’utenza troppo grande per essere ignorato. Nascono così iniziative come quella di Morten Thorsby, calciatore norvegese della Sampdoria che ha dato vita alla fondazione We Play Green. Tra le tante iniziative previste dal progetto, c’è anche la creazione di un vero e proprio forum, uno spazio digitale in cui i tifosi possano discutere tra di loro sulle tematiche ambientali e confrontarsi sulle azioni concrete da realizzare quotidianamente.
Le piattaforme digitali fungono ancora una volta da traino per coinvolgere i tifosi in discussioni interattive e per disintermediare il rapporto tra fan e atleta, anche in relazione a un argomento di rilevanza sociale come la difesa dell’ambiente. Thorsby ha ben compreso questa necessità. Come lui, altri calciatori di prima fascia come Mathieu Flamini (ex Milan) e Héctor Bellerin dell’Arsenal, che a settembre 2020 è diventato il secondo azionista di maggioranza del Forest Green Rovers, con l’obiettivo di contribuire a diffondere i valori del club. Oltre a ciò, lo spagnolo ha creato il podcast More than, che racconta storie di atleti che superano i confini del rettangolo verde per trattare temi di responsabilità sociale particolarmente rilevante. Tra questi, anche la sostenibilità ambientale.
Atleti, club, sponsor e federazioni. Gli stakeholder della Football Industry sono chiamati a investire nella tecnologia, implementando una strategia digitale efficace a servizio della sostenibilità ambientale. Le piattaforme proprietarie e tutti gli strumenti digitali rappresentano un mezzo essenziale per rendere i tifosi consapevoli (Awareness), coinvolgerli in maniera interattiva (Engagement) e guidarli a realizzare un’azione concreta in favore dell’ambiente, mantenendo il comportamento nel corso del tempo (Loyalty).
La sfida green non va sottovalutata. Le possibili conseguenze negative sono dietro l’angolo. Una scarsa attenzione alle problematiche del nostro pianeta impatterà direttamente anche sulla Football Industry: un’indagine riportata dall’organizzazione Football for Future ha svelato che, entro il 2050, gli stadi di 23 dei 92 club appartenenti alle prime quattro divisioni del calcio inglese saranno colpiti da inondazioni parziali e/o totali. Un problema di non poco conto per chi, dello stadio, fa la propria casa.