Siamo con Claudio Limardi, Direttore della Comunicazione dell’Olimpia Milano. Seguiamo le attività della società del presidente Livio Proli, e gli abbiamo chiesto, quindi, quest’intervista per parlarci del proprio lavoro e della sua visione sulle evoluzioni della Sport Industry, soprattutto in funzione delle nuove strategie di fan engagement e delle future prospettive legate a pubblicità, sponsorizzazioni e monetizzazione.
Salve Claudio, prima di tutto grazie per aver accettato di rilasciarci questa intervista. Nello scenario attuale, che evidenzia lo SportTech come nuova tendenza, nasce Sport Thinking, il Brand Magazine di IQUII Sport che ha l’obiettivo di rappresentare, attraverso una nuova vision, un punto di osservazione ed approfondimento sull’innovazione in ambito Sport Business, sul cambiamento in atto e sulle nuove dinamiche del settore. Lei è un professionista dell’informazione e della comunicazione, qual è stato il suo percorso personale?
“Il mio percorso è il frutto dell’evoluzione dei tempi. Sono nato come giornalista, ovviamente nei media convenzionali. Il mio background è questo e tutta la mia carriera ha seguito questa strada. Dalla mia esperienza come direttore di Superbasket e durante i miei anni al Corriere dello Sport-Stadio è sbocciato il rapporto con l’Olimpia Milano, la proprietà, e di qui il mio interesse per passare dall’altra parte della sponda cestistica. In fondo il direttore della comunicazione di un club svolge un lavoro che è sempre più prettamente giornalistico, basato sulla creazione e diffusione di contenuti. Solo da un punto di vista non neutro e con interessi che non sono solo tecnici.”
Il suo attuale ruolo, all’interno dell’Olimpia Milano, è quello di Direttore della Comunicazione. Come si sviluppa il suo lavoro, quali sono le principali attività che coordina, e come si evolve il modello di informazione di una realtà come la vostra, in rapporto al digitale, ai new media ed ai nuovi strumenti di comunicazione? Quali sono, a suo modo di vedere, le differenze rispetto al modello calcio?
“Attorno al sito web ruota tutto un altro mondo che ormai in termini di impatto è sempre più rilevante, quello dei social media. Il modello si basa sul desiderio di promuovere i valori della società, senso di appartenenza, riconoscimento della storia e del DNA, la volontà di alzare il profilo del club e il suo seguito. Il mondo digitale permette di raggiungere più facilmente – e direttamente, quindi con il messaggio desiderato – i propri follower e quelli che non lo sono ancora. Mentre una volta i team raggiungevano il pubblico attraverso l’intermediazione dei media, oggi questo avviene in misura molto minore e ogni club ha la possibilità di dialogare senza interpretazioni con la propria fanbase. Questa è stata una rivoluzione culturale che è ancora in atto e in fase evolutiva. Il digitale, soprattutto i social media, consentono di ampliare il messaggio ad una platea crescente di appassionati. Per un club con una dimensione internazionale o che aspira ad una dimensione internazionale questo rappresenta una grossa opportunità per espandere il proprio bacino di utenza al di fuori della propria comunità e persino paese. La differenza con il calcio, ciò che personalmente invidio al calcio, è la possibilità di amplificare in modo esponenziale il proprio messaggio perché il seguito è planetario. Per un club di basket non appartenente alla NBA, indipendentemente dalla qualità del tuo messaggio o delle risorse a disposizione, questo è impossibile.”
Lei è un giornalista e, precedentemente, ha lavorato per importanti testate quali il Corriere della Sera e il Corriere dello Sport. Quali sono le differenti sfumature nell’approccio alla comunicazione sportiva tra queste realtà e quella nella quale è impegnato attualmente? Quanto è importante, per le aziende sportive, la visione che può portare un profilo con grandi competenze giornalistiche?
“È diverso perché adesso comunico informazione di parte, con toni che in certi momenti sono più entusiastici e altri devono diventare obbligatoriamente più teneri. Certe sfumature o soggetti che prima potevo affrontare con relativa superficialità adesso comunicando a nome di un club e di una proprietà così importante assumono un significato diverso. Le competenze giornalistiche sono determinanti per capire come comunicare al pubblico, per prevedere le reazioni dei media di fronte a certe situazioni e, nel caso mio personale, l’esperienza giornalistica è avvenuta nel basket quindi ho potuto portarmi dietro la conoscenza dell’ambiente, del ruolo del club in Italia e in Europa, la sua storia e i suoi valori. Non ho dovuto applicare concetti generali al contesto perché ero perfettamente a conoscenza di quale esso fosse.”
Il panorama sta cambiando, siamo testimoni di un cambiamento. CRM, membership loyalty. I dati sono al centro dell’interesse e delle strategie delle aziende per generare nuove possibilità di advertising, sponsoring e monetization. E, per arrivare ai dati, è necessario generare una continua esigenza di contatto coi supporter: il tempo è il campo sul quale si gioca la partita di un business in cui si punta a vincere l’attenzione del pubblico. Le aziende, quindi, in primis quelle sportive, si stanno trasformando in vere e proprie media company, per generare contenuti da diffondere sfruttando le nuove tecnologie. Cosa ne pensa? In che modo state lavorando, in tal senso? Quali sono gli strumenti su cui avete puntato per l’Olimpia Milano?
“Ovviamente è così: viviamo in un mondo in cui un club sportivo combatte per l’attenzione con altri club sportivi, di differenti sport, e anche con le altre forme di intrattenimento o la concorrenza interna ed esterna della tv. La chiave per avere pubblico alle partite è enfatizzare l’aspetto intrattenitivo, creare spazi e opportunità all’interno dell’arena in base alle esigenze e alle aspettative di tifosi reali o potenziali. Tutto questo lo costruisci nel tempo esplorando tutte le piattaforme quindi trasferendo il messaggio che seguire l’Olimpia, o un altro club, è ‘cool’. L’uso dei social media è decisivo, la creazione di contenuti, ad esempio video emozionali, è da anni il nostro primo strumento. Ma la chiave è adattarsi ai tempi, alle nuove tecnologie e quindi evolversi costantemente.”
I social media giocano un ruolo sempre più importante e rappresentano degli asset strategici fondamentali, tra i quali rientrano sempre più le fanbase degli stessi atleti. Questi ultimi stanno diventando veri e propri sport influencer, media a propria volta, che integrano ed amplificano la portata di diffusione delle società e le opzioni di visibilità da monetizzare. Cosa ne pensa? Quali sono le vostre strategie di fan engagement? In che modo coinvolgete i vostri giocatori?
“Per fare un esempio, le maglie della prossima stagione sono state scelte dai nostri tifosi attraverso i social media, la nostra app permette ai fan presenti alle partite di scegliere la crew preferita, quella che vogliono rivedere, durante quello che noi chiamiamo ‘dance contest’ che sosteniamo da anni con scuole di ballo moderne che ci hanno fatto uscire dal concetto ormai vetusto di cheerleaders. L’utilizzo dei giocatori è un aspetto delicato: alcuni singoli elementi, molto popolari, rappresentano a loro volta un loro piccolo brand personale, con sponsor e necessità specifiche. L’impiego dei giocatori, soprattutto per iniziative promozionali o benefiche, avviene attraverso gli account del club. È impossibile gestire gli account personali dei giocatori e forse anche ingiusto. Neppure la NBA da questo punto di vista pretende tanto.”
Brand Journalism e Brand Entertainment, ma anche nuove e più immersive Brand Experience, grazie a Internet Of Things, Virtual Reality, Mixed Reality, sensoristica e intelligenza artificiale. Con un grande lavoro da fare in funzione della nuova concezione di Arena Digitale. A che punto siamo, a suo modo di vedere, e in che direzione si sta andando?
“Le arene, gli impianti, sono decisive. La realtà virtuale è un passo successivo e ormai imminente. Di sicuro il pubblico vuole sempre di più essere parte attiva, vivere l’esperienza di una partita dall’interno, in zone tradizionalmente off-limits. Il mondo digitale permetterà di rendere tutto alla portata non solo di poche persone ma di un numero illimitato di potenziali fruitori, dislocati ovunque nel mondo.”
Dall’unione delle dinamiche di marketing 4.0 e industry 4.0 nasce il nuovo concetto di sport 4.0. Il fan 4.0 al centro della strategia, con la tecnologia ad abilitare nuovi comportamenti e nuove possibilità di business. Per arrivare alla pubblicità individuale, come detto, attraverso i dati. Da monetizzare, poi, in modo diretto, ma anche indiretto, attraverso la cessione agli sponsor. Condivide, in conclusione, questa ‘vision’?
“Assolutamente. Una volta gli sponsor erano genericamente interessati a mettere il loro nome dove possibile, adesso chiedono correttamente progetti per colpire potenziali clienti e, soprattutto quando si rivolgono ai giovani, in particolar modo ai millenial, tutto parte da app, social media e in generale attivazione di iniziative. Attualmente la monetizzazione, almeno ai livelli del basket europeo, avviene attraverso gli sponsor interessati alle attività proposte, non direttamente.”
Ringraziamo Claudio per il suo prezioso contributo. Continueremo a seguirlo sui social network e sui canali ufficiali dell’Olimpia Milano.
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