eSports e Sport 4.0: numeri, engagement, monetizzazione, influencer e sviluppo mobile nello scenario globale

esports e sport marketing

Se la sport industry è un ‘cantiere sempre aperto’ e in continua evoluzione, l’ecosistema degli eSports – i cui confini sono, alla lettera, virtualmente espandibili all’infinito – si profila non solo come una grande opportunità, ma, addirittura, come futuro antagonista. League of Legends, FIFA, Call of Duty, Overwatch, Dota – tanto per citare alcune ‘etichette’ – sono all’apice della loro notorietà: le finali dei loro tornei, organizzati ormai in tutto il mondo, raddoppiano gli spettatori e l’entusiasmo generato ogni anno.

Il cammino degli eSports, da quando le comunità di videogamer si riunivano – nelle case degli altri, prima, e nelle convention, poi – ha condotto gli sport elettronici alla crescita, caratterizzata da ritmi vertiginosi, degli ultimi anni. Oggi esiste una rete ufficiale di tornei e campionati di gioco professionale, con squadre sponsorizzate e di portata internazionale. Organizzazioni come Denial, AHQ e MLG hanno più leghe eSports e il numero degli appassionati – già lo scorso anno – ha superato i 300 milioni, mentre il contatore continua a girare.

Quella che caratterizza gli eSports, in questo momento, è una traiettoria di crescita costante, analizzando più fattori.

eSports: il giro d’affari

Attualmente gli eSports, come azienda, sono entrati in una fase concreta, giocando sullo stesso terreno degli sport tradizionali: quello dei grandi numeri. Enormi investimenti, nuove strutture, budget continuamente allocati, lotte per accaparrarsi i diritti dei media, giocatori con ingaggi e premi da molti zeri.

Secondo il rapporto annuale di Newzoo, un ulteriore step di crescita è previsto quest’anno: i ricavi del 2018 raggiungeranno, infatti, i 905 milioni di dollari, con un iperbolico aumento del 38% rispetto ai 655 milioni del 2017. Si prevede anche che l’investimento da parte dei brand avrà un significativo aumento del 48%, su base annua. Newzoo anticipa che il grande boom – un fatturato che dovrebbe toccare gli 1,1 miliardi – ci sarà già nel 2019: il fatto che la eSport industry possa, in così breve tempo, trasformarsi in un’industria miliardaria è entusiasmante, e la pone a pieno diritto in competizione con l’industria sportiva del futuro, che, giocoforza, si trova nella condizione di doverla coinvolgere nelle proprie strategie.

Entro il 2021, le entrate potrebbero raggiungere gli 1,65 miliardi di dollari.

Come verrà generata questa mole di denaro quest’anno? La maggior parte – il 77% circa – , arriverà direttamente dalle sponsorizzazioni e dalle pubblicità, e, indirettamente, dai diritti media, dalle licenze sui contenuti, attraverso investimenti fatti dai vari brand – sia quelli interni al settore che quelli esterni – che, si calcola, spenderanno circa 694 milioni di dollari. Comprendenti, appunto, i 174 milioni di dollari che saranno spesi nella pubblicità, i 359 milioni delle sponsorizzazioni, i 161 milioni in diritti dei media – che registrano un aumento del 72% – e le licenze dei contenuti. Per quanto riguarda i finanziamenti, ciascun gioco tende a sviluppare un proprio modello d’azione. Alcuni puntano ad acquisire sponsor ad-hoc per ogni singolo torneo, mentre altri – come League of Legends – preferiscono un title sponsor.

In netto aumento sarà anche la spesa dei consumatori che, tra i biglietti per gli incontri e il merchandising, spenderanno circa 96 milioni. Non marginale, infine, sarà il ruolo degli editor di giochi che, si calcola, investiranno circa 116 milioni nel settore eSports attraverso accordi di partnership con gli organizzatori. Gli eSports non fanno ancora girare tanti soldi quanto i ‘fratelli maggiori’, quindi, ma la strada per raggiungere quei volumi non è mai sembrata essere così breve. Già importante, infatti, in termini di produzione e sponsorizzazioni, il livello raggiunto: a parte la vendita del merchandising, le moderne arene sono ricoperte da cartelli o slogan pubblicitari di gradi brand come Coca-Cola, Intel, Red Bull, Vodafone, Mercedes-Benz e DHL.

L’esperienza virtuale, in effetti, si sta saturando di messaggi commerciali: si va dalle lattine posizionate strategicamente tra i sedili, ai messaggi video prima dell’inizio della partita o, addirittura, all’usare i giocatori stessi come testimonial ‘vetrine’, seduti dietro un determinato computer o monitor.

eSports: cresce il pubblico, nasce la loyalty

La forza dello sport è proprio nel pubblico, nei fan, nelle folle che chiama a sé. Negli eSports l’alchimia è la stessa: il tifo, l’entusiasmo, la competizione. Secondo le stime, quest’anno gli spettatori globali saranno circa 380 milioni, tra questi 165 milioni saranno appassionati, mentre 215 milioni spettatori occasionali. Fan preziosi, per cui si prevede un ricavo di 5,5 milioni – in crescita del 20% rispetto all’anno scorso – che dovrebbe svilupparsi fino a 6,6 milioni entro il 2021.

Ma come si creano l’engagement e la loyalty di un pubblico del genere? Gli eventi virtuali sono simili a quelli reali, eppure costituiscono un unicum a sé che necessita di un proprio linguaggio. Per questo motivo i team, le leghe e gli editor lavorano, fondamentalmente, cercando di associare agli sport elettronici un’ambientazione unica, in cui i fan possano identificarsi nei player.

Che sia un una partita di calcio o di basket, infatti, non è necessario che i tifosi creino l’atmosfera, come capita negli eventi live della vita reale, perché è l’ambiente stesso a essere progettato in modo da essere uno spettacolo, in grado di coinvolgere anche prima che l’evento cominci. Uno spettacolo, in un certo senso, che è caratterizzante e identificativo degli eSports in generale. Il senso di attesa viene accresciuto a dismisura dalle immagini sugli schermi, o dagli speaker che raccontano le storie dei player – dei favoriti come degli outsider – le infografiche che compaiono in background, il resoconto delle ultime sfide e la storia dell’evento, gli spettacoli con luci, suoni, fumo, i giocatori introdotti con musica e fanfara. Tutto questo sfarzo, questa lucentezza, costituiscono una sorta di linguaggio universale, sono – come abbiamo detto – la cifra dello spettacolo eSports e hanno una precisa ragione di essere: servono a stimolare la loyalty del pubblico che, col tempo, acquista familiarità con un certo ambiente, di cui diventa frequentatore. Sentirsi ‘a casa’ nel virtuale, perché no: essere in possesso di elementi di riferimento per orientarsi in questo mondo, per tornarvi con sempre maggiore frequenza. Ecco spiegato lo sforzo di molti team eSports nel produrre un certo tipo di contenuti.

eSports: lo scenario internazionale e l’avvento del mobile

L’America del Nord è da sempre il mercato più grande per gli eSports, e non si smentirà neanche quest’anno, con un fatturato di 345 milioni che raggiungerà i 656 milioni entro il 2021. Dei quali ben 162 verranno dalle sponsorizzazioni che i team americani riescono a ottenere sul proprio territorio.

I fan americani sono anche i più ‘monetizzati’, con un valore generato di 14,80 dollari ciascuno.

Dopo l’America è l’Europa occidentale la seconda regione con i ricavi maggiori: 169 milioni previsti nel 2018. Come sappiamo, il ‘vecchio continente’ rappresenta un caso molto diverso da quello a stelle e striscie, poiché il suo territorio è caratterizzato da diversi ecosistemi eSports localizzati, oltre ai campionati internazionali. Quindi, mentre questi ultimi sono molto popolari, gli organizzatori dei tornei locali hanno lavorato intensamente, negli ultimi anni, per realizzare iniziative che fossero adatte ai paesi di provenienza. La sponsorizzazione rimarrà il più grande flusso di entrate, con 62,9 milioni, mentre i diritti sui media ammonteranno a 26,6 milioni, quest’anno, con una crescita del 49%. Infine, impossibile dimenticare la Cina, terra di grandi possibilità e promesse: è anche qui che la popolarità degli eSports è in crescita costante e in forte espansione, con ricavi stimati intorno ai 164 milioni nel 2018 e un pubblico di 125 milioni.

C’è chi prevede, per gli eSports, un futuro ancora più roseo di quello ipotizzato più su – si parla addirittura di 2,4 miliardi nel 2020 – ma qui entrano in gioco diverse incognite che potrebbero influenzare in positivo la velocità di espansione della ‘eSport industry’: nuovi franchising e nuovi formati, ad esempio, primi fra tutti quelli mobile.

Sì, mobile

Anche se nessuno ci avrebbe mai scommesso fino a pochi anni fa, pare che il futuro delle competizioni virtuali abbia preso la strada – leggera e portatile – dei dispositivi mobile. I titoli per smartphone e tablet sono cresciuti così rapidamente da raggiungere i livelli dei grandi player del settore: milioni di persone ci giocano ogni giorno, alcuni per decine di ore. Gli sviluppatori di giochi come Clash of Clans e Arena of Valor hanno organizzato tornei che hanno ottenuto già un buonissimo seguito di fan. Le ragioni sono facili da comprendere: il vantaggio dei giochi per dispositivi mobile è quello di essere portatili e di non richiedere attrezzature specializzate. Il mobile, per questo, sembra essere il prossimo passo per gli eSports per accedere a un pubblico molto più ampio e, per qualcuno, l’acceleratore su cui premere.

eSports: promesse e monetizzazione

“Gli eSports competeranno con i più grandi campionati sportivi tradizionali in termini di opportunità future.”  (Steve Bornstein, Presidente Divisione Media Networks Activision Blizzard)

Quello degli eSports è un mercato con dei margini di crescita significativi, ricco di opportunità di entrate a cui le aziende possono attingere. Forse il maggior pregio del mercato eSports è il dinamismo che lo caratterizza – ogni brand può sviluppare una sua strategia, secondo le proprie esigenze o l’ecosistema di riferimento – insieme alla possibilità di poter contare su un pubblico in espansione, oltre che già coinvolto e capitalizzato.

Gli eSports sono diventati definitivamente la risorsa su cui puntare, e c’è chi – in un futuro chissà quanto vicino o lontano – ne prevede una popolarità pari a quella degli sport dei grandi numeri come il calcio o il baseball, perché:

è un mercato enorme con una crescita senza precedenti;

il coinvolgimento degli utenti è altissimo e continuano ad aumentare le ore di connessione;

si tratta di utenti, come detto, monetizzabili, che generano un valore in via di sviluppo;

è un pubblico globale, senza confini, virtualmente espandibile all’infinito.

eSports e influencer: il Ninja e i suoi fratelli

Negli anni, i social media hanno dato vita a figure sorprendenti. In alcuni casi, hanno dato un nome e persino una corona a dei perfetti sconosciuti, per un quarto d’ora di celebrità. Ma, in altri, hanno decretato la comparsa di nuove figure dal grande impatto mediatico. A questa seconda categoria appartengono, sicuramente, molti pro-player, arrivati – grazie al loro talento e alle loro vittorie – alla fama virtuale e alla ricchezza materiale. Questi giovani talenti sono gli assi nella manica degli esperti del marketing dei club e degli sponsor, dei veri e propri asset su cui contare per l’enorme potere che hanno come influencer rispetto a chi li segue. Sono giovani e aiutano a richiamare un pubblico giovane, ovvero quello che più si sta allontanando dagli stadi e dalle arene reali.

Il loro è un ruolo chiave.

Per questo motivo non è strano vederli anche sui siti ufficiali di grandi club, con i loro nomi accanto a quelli di grandi campioni. Non è strano neanche che attirino molti sponsor, desiderosi di pubblicare i propri loghi sulle loro maglie o cappellini, o di pubblicizzare i propri contenuti attraverso le loro pagine social, per avere accesso a comunità sempre più vaste di fan.

Come quelle di Tyler ‘Ninja’ Blevins.

Ninja ha fatto conoscere il suo nome, o il suo ‘nick’, in tutto il mondo come videogamer professionista di Halo, ottenendo una serie di successi durata diversi anni. Attualmente, ha deciso di dedicarsi alla creazione di contenuti, ritirandosi dal ‘campo di gioco’. È il volto di Twitch ed è così popolare da aver oscurato – non solo sulla piattaforma streaming, ma anche su YouTube – atleti come Ronaldo, Neymar, Messi e LeBron James, finendo primo nella top 10 degli atleti con più interazioni generate – circa 150 milioni contro i 139 di Ronaldo – sia nel mese di marzo che in quello di aprile. E la tendenza – stando al suo canale e alla community di Twitch – non sembra destinata a subire interruzioni.

eSports: il calcio scende in campo

Da sempre nel mirino delle società sportive, il pubblico dei millennial è un pubblico diverso, senza alcun precedente né culturale, né tecnologico: è cresciuto giocando a giochi come FIFA, è sempre connesso e segue lo sport in un modo molto differente rispetto alle altre generazioni. Non ama aspettare ogni domenica per godere di un’esperienza limitata ai 90 minuti di gioco in campo: vuole di più, ha bisogno di un flusso di contenuto costante. Clienti esigenti, certo, ma clienti che rappresentano una risorsa vitale per lo sport e, in proiezione, per il suo futuro.

Un futuro in cui le aziende sportive vogliono esserci.

Sappiamo che i club cercano, da sempre, di espandere la conoscenza dei propri marchi attirando l’attenzione di nuovi target. Lo fanno nei modi tradizionali – attraverso la vendita dei biglietti delle partite, delle maglie dei calciatori o del merchandising – e lo fanno in modi nuovi: lo Sport 4.0 è, in effetti, la sintesi di questo nuovo modo di pensare lo sport, miscelando il contenuto e la tecnologia. Gli eSports sono, quindi, per i club, un’occasione ulteriore per far conoscere e per far crescere i propri brand nei confronti di fanbase parallele potenziali che potrebbero, altrimenti, finire per ignorarli. Non sorprende, quindi, che alcune tra le più grandi squadre di calcio abbiano uno o più eSports team:

Il Paris Saint-Germain è negli eSports dal 2016, seguendo quello che è stato un più ampio progetto di digitalizzazione mirato a raggiungere il pubblico giovane e una vasta platea di fan, soprattutto in Cina. La squadra ha, tra l’altro, di recente iniziato una partnership esclusiva proprio con il roster di Dota 2 dei LGD Gaming in questo paese. La squadra francese non è l’unica a guardare in Oriente. Anche il Real Madrid ha scelto di investire in Cina e debutterà a breve formando una squadra in FIFA Online 4.

Il West Ham United è stata la prima squadra a contrattualizzare un giocatore professionista – Sean Allen detto ‘Dragon’ – puntando su un campione fondamentale, dal punto di vista strategico, per la vittoria del campionato.

Anche lo Schalke 04 è entrato nelle competizioni a partire dal 2016. La decisione è nata dalla volontà di sfruttare l’enorme fanbase di giocatori di League Of Legends prima, e di FIFA e PES poi. Lo Schalke 04 è uno dei club top in Bundesliga ed è riuscito a portare moltissimi dei suoi fan al suo team eSports. Gli eventi organizzati attraggono molti visitatori e anche il merchandising, creato appositamente, ha notevole riscontro di vendita.

L’elenco continua con squadre come Ajax, Manchester United, Manchester City (storico il recente lancio del proprio team in Cina), Celtic, Wolfsburg, Valencia, Legia Warsaw, Besiktas, PSV Eindhoven, Dinamo Kiev, Sporting Lisbona. Di recente anche l’Aston Villa è entrata negli eSports ed è diventata, di fatto, la prima società inglese della Football League a lanciare la propria serie sportiva, con AVFC Gaming. Il nuovo campionato sarà presentato come torneo FIFA 18. I fan della squadra sono molto presenti e legati ai loro colori: il progetto nasce allo scopo di estendere l’esperienza dello stadio al di là della giornata in cui si gioca la partita, in modo che i fan la vivano in tutti gli aspetti della loro vita, soprattutto in quello social, restando più tempo connessi. Si dà, in questo modo, agli appassionati, la possibilità di fare qualcosa che amano, così che – grazie alla maggiore capacità di interazione – l’attenzione e l’entusiasmo non calino.

eSports: il movimento italiano

Dopo l’iniziale apparente ritrosia, anche il Bel Paese ha abbracciato con entusiasmo questa nuova forma di intrattenimento. Gran parte del merito è anche da attribuire ai successi ottenuti dai pro-player italiani che ormai riescono a gareggiare agli stessi livelli di competitività dei grandi giocatori stranieri. Nomi come Daniele ‘Prinsipe’ Paoluccicampione europeo di FIFA 17 – , Ettore ‘Ettorito97’ Giannuzzicampione di Pro Evolution Soccer – , Luciano ‘Mose’ Calvanicolavincitore di HCS Pro League – sono noti e amati dal pubblico. Sicuramente, un input molto forte è venuto, ancora una volta, dal mondo del calcio: sono sempre più le squadre italiane che scelgono di seguire l’esempio di quelle straniere e fondare un team eSports.

La Sampdoria ha il merito di essere stato il primo club italiano a scendere in campo: a indossare la maglia blucerchiata è il pluricampione Mattia Guarracino, meglio conosciuto come ‘Lonewolf92’, che di recente ha conquistato l’eSports Academy Trophy battendo i campioni di Empoli, Cagliari e Perugia.

Un club che ha puntato con molta forza su questa nuova leva è sicuramente il Genoa. “Siamo entrati per presidiare un segmento in crescita e con margini importanti. Riteniamo che gli eSports siano un asset per la società e uno strumento di comunicazione e marketing per avvicinare e intercettare nuove fasce di pubblico.” Così ha dichiarato il responsabile marketing rossoblu, Daniele Bruzzone, alla presentazione del Genoa eSports Roadshow, un torneo di FIFA 18 suddiviso in cinque tappe tenutosi tra aprile e maggio in Liguria.

Lo scorso marzo il Cagliari ha ufficializzato la sua scelta, invece, con un evento trasmesso in diretta social, dove il team ha svelato il suo top player ‘GoldenBoy92’ – al secolo Girolamo Giordano – tra i migliori giocatori italiani. Il progetto è quello di traghettare la consistente fanbase della squadra verso gli sport elettronici, per coinvolgere e appassionare.

Dal 2017 anche la Roma è entrata con decisione nel mondo degli sport elettronici. I pro-player FIFA che rappresentano il club in qualità di alfieri giallorossi sono Nicolò ‘Insa’ Mirra e Simon ‘Zimme’ Nystedt, con Conran ‘Rannerz’ Tobin e Damian ‘Damie’ Augustyniak sotto l’egida del manager americano Colin Johnson. Lo scorso aprile la squadra è diventata campione nella Gfinity Elite Series Season 3. Ma la società capitolina guarda avanti, anche attraverso la collaborazione con FnaticJames Pallotta, Presidente della Roma, a tal proposito ha dichiarato:

“La Roma è una delle società sportive più attive nel mondo digitale a livello globale ed è per questo che abbiamo lavorato per creare un’organizzazione in seno al club che potesse coinvolgere gli appassionati attraverso tutti i canali digitali. Con la crescita esponenziale degli sport elettronici e la continua attenzione nei confronti di giochi come FIFA, abbiamo avviato una partnership con Fnatic, organizzazione leader nel settore degli sport elettronici a livello mondiale, per dare vita a una squadra eSports. La joint venture ci consentirà di stabilire una presenza importante nel mondo degli sport virtuali e di coinvolgere gli appassionati attraverso nuove ed entusiasmanti modalità.”

Il Parma, infine, neopromosso in A, ha comunicato – attraverso i suoi profili social – di essere ai nastri di partenza: “Il Parma Calcio è pronto a sbarcare nel mondo degli eSports. Continua ad allenarti, perché il giocatore ufficiale crociato potresti essere proprio tu” ha fatto sapere ai suoi tifosi, che hanno risposto entusiasti all’appello.

Pronti a farsi coinvolgere, a spendere, ma anche a farsi conoscere meglio, fornendo altri dati che dovranno essere acquisiti e filtrati per sviluppare community parallele, con ‘tratti’ differenti rispetto a quelli tradizionali, che aiutino a penetrare differenti mercati, con caratteristiche ‘geolocalizzate’ e magari ancora più ‘verticali’.

Grazie ad una passione da coltivare, per nuove opportunità da creare e monetizzare.

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