Ammettiamolo, chi è in prossimità o appena dopo gli “anta”, per quanto possa aver dedicato la propria carriera al business dello sport, nutre un nemmeno troppo velato scetticismo ogni volta che sente parlare di eSports.
Tutto molto comprensibile, i gap generazionali e determinati bias cognitivi sono duri a morire, difficilissimi da sradicare. Per chi è cresciuto con il primo Doom o ha dilapidato paghette alla causa di Tehkan World Cup, elevare quei pixellosi ricordi al rango di disciplina sportiva richiede un esercizio non banale. Per quanto si abbia una visione illuminata della moderna industria dello sportbiz, pensare al mondo dei videogiochi come a una disciplina sportiva è tutto tranne immediato.
Ma, vincendo le ritrosie culturali, non si può non ammettere come oggi il mondo del gaming professionistico rientri nello “sport vero” a tutti gli effetti, anzi possa indirizzarlo e contribuire allo sviluppo di un maturity model di cui l’industria sportiva, italiana e non, ha reale bisogno per continuare ad evolvere, uscendo dagli schemi che spesso l’hanno autolimitata.Sorprendente a dirsi solo qualche anno fa, il mondo degli eSports è oggi in grado di indicare nuove vie alla Sport Industry tradizionale nel proprio percorso di upgrading.
Con tassi di crescita elevatissimi sia in termini di pubblico che di ricavi, entro il 2020 il mondo del gaming professionistico è avviato a registrare una crescita del 114% nel triennio, sfiorando nelle proiezioni degli studi di settore il miliardo e mezzo di dollari di ricavi provenienti da diritti televisivi, advertising, sponsorship, ticketing e merchandising.Lo sviluppo dell’audience mondiale andrà di pari passo, secondo NewZoo, portando gli eSports a raggiungere quasi seicento milioni, equamente divisi tra avid fans e spettatori occasionali.
È facile, con questi numeri alla mano, comprendere perché il mondo dello sport da un lato e di media e sponsor dall’altro si stiano interessando sempre più a questo settore e alle potenzialità che esso può offrire, in virtù della composizione del pubblico di praticanti e appassionati di cui è composto e dalla facilità con cui riesce a rivolgersi a una parte di questa nuova audience emergente, quella della Generazione Z, che ha radicalmente modificato le modalità di fruizione del contenuto.
Sempre connessi, sottoposti a stimoli continui, cresciuti con la cultura di una fruizione da video piuttosto che on-site, consumatori reali che si muovono nel mondo digitale, i ragazzi nati nei primi anni del nuovo Millennio sono un target di mercato che interessa le Società sportive e le grandi leghe, così come i marchi endemici e non del panorama del gaming: il mondo degli eSport, lo dicono i dati, è la porta d’accesso, possiede gli strumenti esperienziali necessari per riconvertirli verso il consumo nella Sport Industry.
Limitiamoci a una sintetica analisi del degli eSports nel nostro Paese (fonte AESVI): nel solo 2019, la percentuale di appassionati di eSports è cresciuto del 35%, con 350.000 utenti compresi tra i 16 e i 40 anni d’età (64% tra i 16 e i 30 anni!) che si dichiarano fruitori e praticanti abituali, mentre la fanbase complessiva, nella stessa fascia di età, si assesta su 1.200.000 (+20% nel 2019) utenti, equamente ripartiti tra pubblico maschile (51%) e femminile (49%) tra gli appassionati occasionali, mentre la percentuale di avid fans evidenzia un netto predominio maschile (68% contro il 32%). L’80% dedica agli eSports, attivamente o come spettatore, dall’una alle sette ore a settimana.
Tra i generi di riferimento, i simulatori sportivi guidano la classifica dell’interesse dei player virtuali (40%), con FIFA che, con il 47%, risulta essere il più seguito dei giochi – Fortnite, al contrario, è il più dibattuto sul web.
Questo panorama non può non far trasparire le opportunità di fan engagement, per un marchio sportivo – sia esso una squadra, una lega, un brand retail legato alla Sport Industry – di rivolgersi e di raggiungere un pubblico abituato, come nessun altro mai nella storia, alla omnicanalità e alla crossmedialità. Ed è in virtù di questa opportunità che la FIGC, l’organo di controllo del calcio sul territorio nazionale, ha deciso di investire negli eSports, con l’obiettivo di coinvolgere le nuove generazioni e aumentare le possibilità di interazione e condivisione con esse, tramite il rafforzamento della partnership con TIM che, tramite il brand TIMVISION, diventa title sponsor della eNazionale, la rappresentativa italiana che parteciperà all’Europeo virtuale del 2020 a Wembley, patria del calcio inglese e sede della finale dei prossimi Europei di calcio.
Fedeli al prodotto, raggiungibili da una serie virtualmente infinita di touchpoint digitali e fisici interconnessi tra loro – le Smart Arena, gli stadi di un futuro che sta rapidamente diventando presente, sono un esempio quanto mai opportuno – gli egamers sono l’audience più coinvolgibile e altamente profilabile nella storia della Sport Industry.
Ecco perché l’industria sportiva, che riesce ad evolvere giorno dopo giorno, abbandonando il vecchio mecenatismo per sviluppare un approccio più manageriale, un modello fatto di gestione strategica, valorizzazione del brand e soprattutto profilazione e conoscenza del proprio utente, deve guardare con crescente interesse al panorama del gaming professionistico, comprenderne la filiera di riferimento e legarsi a un settore in espansione per continuare a far evolvere i propri brand e il proprio business coinvolgendo attivamente, al proprio interno, un pubblico dalle straordinarie potenzialità.
Commenta per primo